Shir Shishi – Terremoti

sarah kaminskiIsraele si colloca lungo la depressione siro-africana, la Rift Valley, risultato di primordiali tensioni geologiche e distaccamento di placche tettoniche iniziate circa 15 milioni di anni fa. Lungo i secoli, dalla Turchia fino al Golfo di Aqaba, attraverso la Valle del Giordano, la Arava e fino al Mar Rosso, la zona è stata colpita da ripetuti disastri geologici, riportati anche dalle cronache bibliche; si pensi al racconto su Sodoma presente nel libro della Genesi o agli avvertimenti del profeta Zaccaria (14, 4-5): “In quel giorno…il monte degli Ulivi si spaccherà a metà, da oriente a occidente, tanto da formare una grande valle; metà del monte si ritirerà verso settentrione e l’altra metà verso il meridione.” E le immagini del miracoloso attraversamento del Mar Rosso o lo tsunami di Cesarea del II sec. d.e.v si sovrappongono a quelle che ci arrivano dall’Indonesia. Secondo Yossi Mart, geologo e oceanologo dell’Università di Haifa, l’inondazione a Cesarea distrusse il frangionde della città portuale e creò ingenti danni anche a Haifa. I racconti dei viaggiatori e la letteratura della Terra di Israele riferiscono notizie sulla catastrofe del 1837, in cui la terra tremò nel cuore della Galilea, alzando una terribile onda anomala nel Lago di Tiberiade e distruggendo i centri urbani di Tiberiade e Safed. Ma se ci allontaniamo dalle visioni scientifiche o apocalittiche e cerchiamo di rimanere fiduciosi con i piedi per terra, il pensiero va alle vittime dell’Indonesia e a coloro che hanno perso la casa e gli averi.

Scrive il geografo olandese, Van de Velde: “Era abitudine di Danus uscire presto il mattino per andare a lavorare i campi e così fece anche l’1 gennaio 1837. A un tratto la terra si agitò con un colpo terribile. Il terreno saliva e scendeva, gli abissi emettevano suoni e boati e tuoni, non forti ma molto minacciosi. La terra si squarciò in strappi e incavi, saliva e scendeva, a destra e sinistra e il sangue gelò nelle vene tanto era lo spavento. La collina di Safed si spogliò delle sue case come il fico che fa cadere le foglie d’autunno. Tutti quelli che non si trovavano fuori corsero velocemente lungo il pendio della colina e scapparono, ma era troppo tardi… E Danus? Con le lacrime agli occhi racconta come è tornato a casa tutto tremante e quasi morto di paura. Ma la sua abitazione era seppellita profondamente sotto le pietre e la terra. E insieme alla casa anche moglie, figli e parenti”.

N. Schur, Toldot Tzefat, Dvir e Am Oved, Tel Aviv, 1983, 186-187.

Sarah Kaminski, Università di Torino