ebraismo…
Nell’espressione «filosofia dell’ebraismo» il termine «ebraismo» può essere usato o come oggetto o come soggetto. Nella prima accezione «la filosofia dell’ebraismo» è una critica filosofica dell’ebraismo; l’ebraismo è inteso come tema od oggetto del nostro esame. Nella seconda accezione, invece, «la filosofia dell’ebraismo» ha un significato paragonabile al significato di una frase del tipo «la filosofia di Kant» o «la filosofia di Platone», l’ebraismo è inteso cioè come una sorgente di idee e di pensiero ebraico che cerchiamo di comprendere.
Questo io intendo per Filosofia Ebraica, cioè il Pensiero Ebraico. Il modo di pensare della Tradizione Ebraica.
Quando leggiamo le opere della filosofia occidentale, sono Platone o Aristotele, gli stoici o i neoplatonici che incontriamo continuamente. Lo spirito del loro pensiero aleggia su qualsiasi pagina di argomento filosofico.
Tuttavia, cercheremmo invano la Bibbia nei recessi della metafisica occidentale. I profeti sono assenti quando i filosofi parlano di D-o.
Quello che intendiamo per assenza della Bibbia nella storia della filosofia non riguarda i riferimenti e le citazioni. Quello che intendiamo è lo spirito, il modo di pensare, la maniera di guardare al mondo, alla vita; le premesse fondamentali della speculazione sull’essere, sui valori, sul significato.
Aprite una qualsiasi storia della filosofia. Talete o Parmenide ci sono: ma Isaia o Elia, Giobbe o l’Ecclesiaste li si prende mai in considerazione?
Il risultato di tale omissione è che le premesse fondamentali della filosofia occidentale vengono fatte derivare dal pensiero greco anziché da quello ebraico…
La teoria secondo cui l’ebraismo sarebbe un mero sistema di vita e non di pensiero risale a Spinoza e Mendelssohn. Il fatto che Spinoza abbia insistito sull’irrilevanza filosofica e sulla inferiorità intellettuale della Bibbia si è rivelato poi di fondamentale importanza per le generazioni successive, che ne sono state influenzate nella loro posizione riguardo alla Tradizione Ebraica.
È davvero un’ironia della storia ebraica che Mosè Mendelssohn, peraltro totalmente diverso da Spinoza, abbia tuttavia seguito la visione di Spinoza sulla natura e le caratteristiche essenziali della Torah.
Mendelssohn credeva che la fede ebraica non costituisce una rivelazione, ma è parte di una religione naturale razionale alla quale ogni uomo potrebbe arrivare col semplice esercizio della ragione. Come Spinoza, Mendelssohn sostiene che l’ebraismo richiede l’ubbidienza ad una norma di vita ma non l’adesione a particolari dottrine di fede.
L’ebraismo non rappresenta secondo Mendelssohn una religione rivelata, ma soltanto un insieme di leggi, comandamenti e regole che furono date agli ebrei per mezzo di Mosè come legislatore. Non sono richieste né la fede né un atteggiamento religioso di qualsiasi tipo.
L’essen dell’ebraismo, secondo Mendelssohn, comporta la libertà nella dottrina e la conformità nell’azione.
Tuttavia, secondo Heschel, questo comporta snaturare l’ebraismo rabbinico. Privarlo di uno dei suoi fondamenti e svuotare la base della Haggadah sulla quale si basa la stessa osservanza della Halachà…
(Libera Interpretazione del pensiero di Heschel)
Paolo Sciunnach, insegnante
(31 dicembre 2018)