Orizzonti – Finite le Primavere le dittature aumentano la repressione

No. Decisamente dall’universo arabo di questi tempi non vengono esempi edificanti. Dici Medio Oriente e pensi al terrorismo, allo scontro tra sciiti e sunniti, ai massacri in Siria, alle dittature, come quella egiziana, che in nome della sicurezza reprimono qualsiasi opposizione, alla corruzione, alle efferatezze di Al Qaeda e Isis, alle donne velate, ai migranti africani trattati come schiavi in Libia. Il Qatar aveva cercato di creare l’immagine positiva di un soft power accattivante. Ma Al Jazeera, la sua tv-bandiera, ha perso la patina di giornalismo indipendente perché troppo influenzata dai voleri dei regnanti di Doha. E le polemiche sui Mondiali di calcio del 2022 vedono i principi del Qatar sempre più sospettati di aver comprato a suon di petrodollari la Fifa, tanto che la sede potrebbe essere spostata. In Arabia Saudita il caso Jamal Khashoggi (il giornalista ucciso a Istanbul) ha screditato l’erede al trono, il «principe nero» Mohammad bin Salman. Da presunto traghettatore verso la modernità si è trasformato in un dittatore capriccioso, responsabile delle stragi in Yemen, più repressivo degli ayatollah iraniani. Non è sempre stato così. Il Medioevo cristiano deve agli arabi molti testi dell’antichità classica. E persino nell’epoca più assertiva del colonialismo europeo restava la figura romantica del beduino figlio del deserto, onesto e affidabile. Ora non più. Il fallimento delle Primavere arabe del 2011 è tra le cause principali. La speranza che la democrazia trionfasse si è trasformata nella restaurazione di dittature ancora più repressive e litigiose. «La reputazione internazionale degli arabi è in grande ribasso», notava l’egiziano Abdel-Moneim Said un anno fa sul settimanale «Al Ahram Weekly». Ma a suo dire ciò era frutto di un «complotto» straniero: l’ennesimo esempio di un mondo incapace di assumere le proprie responsabilità e rilanciarsi.

Lorenzo Cremonesi, Corriere La Lettura, 30 dicembre 2018