JCiak – La guerra di Marguerite Duras

Quando il marito Robert viene deportato, per Marguerite Duras inizia una lunga dolorosa attesa. La scrittrice si chiude in casa per intere giornate; alla ricerca affannosa di informazioni attraversa in bicicletta una Parigi svuotata dalla guerra, corre alla stazione e in questura, vede qualche amico. Infine Robert Antelme ritorna, la vita riprende il suo corso ma nulla sarà mai più come prima.
Marguerite Duras registra l’angoscia di quel tempo in un diario, che nel 1985 trasforma in una raccolta di sei testi, Il dolore, chein una sorta di vertigine rimescola i generi intrecciando memoria biografica e fiction. Quel libro è adesso un film, oggi nelle sale, per la regia di Emanuel Finkiel. Intitolato La douleur, con Melanie Thierry nel ruolo di Marguerite Duras, il lavoro ripercorre quegli anni cruciali esplorando la complessità dei sentimenti di chi è condannato all’attesa sullo sfondo di un’immensa tragedia che la rinascita dell’antisemitismo in Francia rende di stretta attualità.
Candidato dalla Francia all’Oscar come miglior film straniero e poi escluso dalla shortlist, La douleur si apre nell’aprile del 1945 con la Duras alla disperata ricerca di notizie riguardo il marito Robert Antelme (Emmanuel Bourdieu), arrestato perché attivo nella Resistenza francese. L’azione torna poi al giugno 1944, quando la scrittrice – che allora non è ancora diventata famosa -incontra un collaborazionista francese della Gestapo che accetta di fare da tramite fra lei e Robert purché la donna continui a vederlo.
È l’inizio di un periodo tormentato e solitario. Per non spezzare l’ultimo legame con il marito, che da un campo fuori Parigi viene deportato a Dachau (esperienza su cui nel 1947 scriverà un libro, L’Espèce Humaine) Marguerite Duras lo asseconda. E mentre cresce il senso di disgusto per quell’uomo, vede gli amici e Dionys, amico di Robert che poi diventerà padre di suo figlio eanch’egli coinvolto nella Resistenza.
Quando i primi sopravvissuti, scheletri macilenti ancora con la divisa a strisce, fanno ritorno a Parigi, la tensione di Margueritediventa intollerabile. Alla fine Robert torna a casa, anche lui ridotto all’ombra di se stessi. E la vita ricomincia nella consapevolezza che il mondo non sarà mai più lo stesso e che, perfino nell’abisso della Storia, l’ambiguità dei sentimenti puòrisultare scandalosa.
“A cosa tieni di più? A Robert o al tuo dolore?”, le chiede l’amante Dionys. È l’amore per il suo compagno a dominarla o è la fascinazione della sua stessa angoscia? Duras non ha paura di chiederselo e di chiedercelo, ribaltando i luoghi comuni e le stilizzazioni storiche. Ed è il suo flusso di coscienza a reggere il film, sottraendolo alla stereotipata rappresentazione di quel periodo.
Era stato proprio l’attesa della protagonista a colpire il regista Emmanuel Finkiel quando, a 17 anni, aveva per la prima volta il libro. “Mio padre aveva visto i suoi genitori e il fratello più piccolo venire arrestati a Parigi dai nazisti a Parigi. Ha passato il resto della sua vita ad aspettare il loro ritorno, anche dopo aver avuto la certezza che erano morti a Auschwitz”.
Quest’esperienza familiare gli offre fin dalla giovinezza una prospettiva sulla Shoah francese diversa da quella dominante.
Sono i racconti del padre a rivelargli che la Francia non è stata solo martire del nazismo né solo resistente e che la Shoah, un tempo addebitata esclusivamente al regime di Vichy, ha trovato nei francesi collaboratori e fiancheggiatori silenziosi. Suo padre ricorda ancora il suo stupore nel vedere a Parigi, dopo la Liberazione, gli alleati applauditi dalla stessa folla che poche settimaneprima applaudiva i discorsi dei leader di Vichy.
Queste memorie si riflettono sulla cinematografia di Finkiel, che a lungo ha lavorato con Godard e Kieslowski, si riflette sulla sua cinematografia fin dal primo corto Madame Jacques sur la Croisette (1997), che celebra la forza vitale dei sopravvissuti alla Shoah. Alcuni degli attori non professionisti del corto partecipano anche al suo primo lungometraggio Voyages (1999), vincitore del premio César e in gran parte girato in yiddish, in cui s’intrecciano le storie di due donne entrambe, in modo diverso, toccatedallo sterminio per mano nazista.
E’ una narrativa che torna in La douleur, nel personaggio della signora Katz, un’ebrea est europea che, come Marguerite Duras, attende il ritorno dei suoi. A interpretarla, Shulamit Adar, memorabile per le sue interpretazioni in Madame Jacques e Voyages, torna anche in La douleur.
Il ritorno dell’antisemitismo in Francia sottrae il film alle strettoie della rievocazione storica. Non a caso La douleur, che al box office ha fatto bene, ha suscitato un certo dibattito. “La Francia – ha spiegato Finkiel in un’intervista al Times of Israel – non è ancora venuta a patti con quel periodo. [Nel film] c’è una situazione in cui il governo francese collaborava con i tedeschi, nel paese era in corso una guerra civile in cui cittadini francesi consegnavano altri cittadini francesi. Penso molto a due dittatori, Franco e Mussolini, ma non ci si riferisce mai a Petain in questi termini. Ci siamo nascosti troppo a lungo dietro i tedeschi”.

Daniela Gross

(17 gennaio 2019)