Addio a un eroe
“Nessuno potrà uccidere la cultura ebraica” sono state le ultime parole di Georges Loingier, che si è spento a fine dicembre nella sua casa di Parigi a 108 anni. Poco conosciuto in Italia, ha vissuto una vita da eroe, salvando centinaia di bambini ebrei durante la guerra. Oltre all’eroismo, quello che ha contraddistinto la sua attività era la fantasia e l’attenzione al benessere psicologico dei bambini: li faceva giocare, cantare, organizzava attività sportive per distrarli e sciogliere la tensione.
Escogitò infiniti sotterfugi per farli entrare clandestinamente in Svizzera, con la complicità di ferrovieri, guide, sindaci dei paesi di frontiera, e anche del mimo Marcel Marceau (che era suo cugino e lavorava anche lui per la Resistenza): lo ingaggiò per creare un’atmosfera rilassata e giocosa prima di far attraversare il confine ai suoi giovani protetti.
Lavorava con l’OSE (Oeuvre Sécours aux Enfants), una organizzazione di soccorso per i bambini che operava in stretto contatto con la resistenza francese. Biondo, occhi azzurri, un tedesco perfetto dovuto alla sua origine alsaziana (e questo gli fu spesso di grande aiuto), Loinger salvò più di 350 bambini, facendoli nascondere presso famiglie francesi, portandoli oltre il confine svizzero o riuscendo a farli emigrare in America.
Una volta, mentre trasportava in treno 50 bambini ebrei austriaci e tedeschi (tutti con nomi e documenti francesi) salì a bordo un gruppo di soldati nazisti. Imperturbabile, Loingier propose loro di giocare con i bambini e li convinse a scortarli fino alla stazione di arrivo, un espediente degno del film Train de vie..
Escogitò finti funerali in un cimitero limitrofo al confine: vestiva i bimbi di nero e li faceva intonare canti funebri, poi, al momento buono, li spingeva su per la scala di un becchino, oltre un alto muro a pochi passi dal confine svizzero. E inventò finti campeggi: dietro la facciata innocua operava una squadra esperta nel passaggio di clandestini.
Figlio di un ebreo polacco immigrato in Francia e diventato rivenditore di mobili, Loinger aveva intrapreso studi di ingegneria, ma preferì insegnare educazione fisica, attività che si rivelò utilissima per la sua opera di salvataggio. Riusciva a organizzare, anche nei momenti più drammatici, gare sportive, giochi ginnici, facendo dimenticare ai bambini l’orrore che avevano vissuto e i pericoli ai quali andavano incontro. Per il suo eroismo, la Francia gli ha conferito la medaglia della Resistenza, la Croce di Guerra e la Legion d’Onore, e la Germania, nel 2016, l’Ordine al Merito della Repubblica Federale tedesca. Due persone che collaborarono con lui, Jean Deffaught, sindaco di Annemasse (cittadina francese vicinissima a Ginevra) e Ernest Balthazard, proprietario del centro di accoglienza dove soggiornavano i bambini prima di essere portati clandestinamente in Svizzera, sono stati riconosciuti Giusti da Yad Vashem.
Ma l’attività di Loinger non finì con la guerra. Nel 1947 prese parte alla sfortunata operazione Exodus per far entrare clandestinamente i Palestina 4.500 sopravvissuti ai campi di concentramento nazisti e negli anni seguenti si prodigò per aiutare gli ebrei ad emigrare verso Israele. Ma lui preferì rimanere in Francia, rispettato e amato dirigente della Zim e autore di due libri sulle sue esperienze di guerra.
In questi giorni dedicati alla Memoria, la figura di Loinger dovrebbe essere un monito a ricordare non solo le vittime, ma anche coloro che si sono opposti al massacro, spesso rischiando la pelle. Che non si sono arresi al Male, convinti che ognuno può e deve fare qualcosa. E che non basta salvare gli ebrei, bisogna anche impegnarsi per salvare la cultura ebraica e i valori che ha portato, e continua a portare, alla storia dell’umanità.
Viviana Kasam