amare..

Qualunque amore tra persone che dipenda da qualcosa, cessa con il venir meno della cosa. Se invece non dipende da nulla non finisce mai. (Avoth 5, 16)
Israele è legato alla Torah e la Torah e legata al Santo e Benedetto Egli Sia (Zohar 3, 73)
Hillel diceva: Sii discepolo di Aron, ama la pace e insegui la pace, ama tutte le creature e avvicinale alla Torah. (Avoth 1, 12)
Si deve amare il prossimo solo al fine di avvicinarlo alla Torah? Oppure l’avvicinamento alla Torah è la conseguenza del nostro amore verso il prossimo?
L’ebraismo, così come è scritto nello Zohar, ha tre pilastri essenziali: D-o, la Torah e Israele. Tuttavia, secondo la tradizione, il Baal Shem ha detto: “Sono venuto per insegnare l’amore di Israele e l’amore della Torah, l’amore di D-o”. Il mutamento nell’ordine gerarchico è importante. ln contrasto con l’opinione di molti altri Maestri, secondo i quali l’amore per la Torah doveva sempre precedere quello per Israele, cioè per la gente del popolo che era lontano dalla Torah, il Baal Shem dava la precedenza a Israele: la Torah è stata creata per amore di Israele, e non viceversa. La prova dell’amore non sta nel rapporto con i Saggi, ma con la gente comune (Am HaAretz). Il Baal Shem riusciva a captare una qualità meravigliosa in ogni essere umano. Egli, in effetti, raccomandava un atteggiamento conciliante verso i peccatori e i malfattori, fedele alla sua convinzione che D-o ama tutti gli uomini. Questo concetto fu poi espresso da Reb Aaron di Karlin: “Mi piacerebbe riuscire ad amare il maggiore tra i Tzaddikim, come D-o ama l’infimo tra i peccatori”. Il chassidismo si evidenzia soprattutto nel tentativo dei Tzaddikim di vivere in buoni rapporti e in amore con quella parte del loro popolo ebraico che si è estraniata dalla fede e dall’ortodossia, perché sono convinti che anche gli Ebrei che peccano hanno un posto di onore nel popolo di D-o. Il Baal Shem si comportava amorevolmente con i peccatori privi di arroganza, mentre preferiva non frequentare gli studiosi pieni di boria. I peccatori coscienti dei loro peccati sono umili, pertanto il Signore continuerà ad essere al loro fianco, in quanto è scritto che Egli “purgherà il santuario dalle impurità degli Israeliti”. Ma colui che è borioso, anche se non fa del male, si aliena e D-o dice di lui: “Io e lui non possiamo vivere assieme nello stesso mondo”. Anche il Veggente di Lublino preferiva il peccatore convinto di esserlo, allo Tzaddik convinto della sua bontà. Perché il peccatore che sa di esserlo, affronta la verità, e D-o è verità ed è chiamato Verità. Ma colui che è persuaso delle sue virtù perché è uno Tzaddik, sbaglia, in quanto “di certo non vi è sulla terra un uomo giusto, che faccia solo il bene e non pecchi mai”. Infatti egli è molto distante dalla verità. “Non è possibile che colui che lascia la retta via sia un perfetto malfattore. Una parte di lui rimane onesta e pura. Quando guardo qualcuno del genere sento soltanto quello che c’è di buono in lui, senza vederne il male”, insegnava il Besht. Il Baal Shem disse: “se riusciamo a percepire una qualità inferiore in un altro, è solo perché la possediamo noi. Il Cielo vuole che ce ne accorgiamo, e in tal modo ci indica anche la via del pentimento”. Il Baal Shem Tov sapeva benissimo che si può essere studioso e insieme malvagio, e che anche la persona più umile può compiere un gesto che giustifica l’esistenza del mondo intero. Un malfattore non deve essere maltrattato, in quanto la sua preghiera e la sua infima conoscenza della Torah possono essere più gradite a D-o di quelle di uno studioso. Vi sono due tipi di persone: quelle che sono del tutto cattive e quelle che sono persuase di essere del tutto buone, che studiano con diligenza. Ma queste ultime non giungono mai alla conoscenza di D-o; non sanno come si deve davvero studiare, pregare, o compiere la volontà di D-o. Mentre chi sbaglia può sempre pentirsi del mal fatto, non c’è speranza per lo Tzaddik fatto da sé, su sua misura. Un giorno un uomo andò dal Baal Shem Tov per lamentarsi di suo figlio: egli aveva abbandonato il sentiero della Torah, si comportava come se non fosse ebreo.
«Che cosa posso fare, Rebbe?» gli chiese.
«Ami tuo figlio?»
«Certo che lo amo.»
«E allora amalo di più. E tornerà.»
«Anche l’uomo più empio, mi è caro come a te è caro tuo figlio» disse il Baal Shem Tov.
Rabbi, due cose io amo al mondo più di ogni altra cosa e sono la Torah e Israele, ma non so cosa venga prima (cosa sia più importante). Figlio mio, la gente ti risponderebbe “viene prima la Torah”, ma invece io ti dico che in verità “viene prima Israele”. (Tannah Deveih Eliahu Rabbah 14)
“Non fare agli altri quello che non vorresti fosse fatto a te: ecco la Torah. Il resto non è che commento. Vai e Studia” (Shabbath, 31a). Hillel non a caso enfatizza l’aspetto etico come base dell’ebraismo. Non è detto infatti qui “mangia Kosher: questo è tutta la Torah. Il resto non è che commento. Vai e studia”.
Hillel mette l’accento “sull’amore per tutte le creature” intendendo coloro che sono lontani dalla Torah, per amarli solo in quanto creature di D-o. E aggiunge di “avvicinarli alla Torah” solo in seguito, come conseguenza dell’amore verso il prossimo. L’amore verso il prossimo come dovere in sé e per sé, deriva dal solo fatto che il nostro prossimo è come noi (per il solo fatto di essere ebreo) e va amato anche se non è vicino alla Torah.
Gli studenti di Rabbi Akiva morirono per via del fatto che il loro amore per il prossimo era proporzionato alla sapienza della Torah: amavano il compagno in quanto più sapiente di loro.

Paolo Sciunnach, insegnante