Prima noi chi

bassano“Chi se ne frega di andare a Lione…” si sfoga il Ministro delle Infrastrutture, Danilo Toninelli, in un’intervista in merito alla TAV. E nel frattempo la Francia di Macron richiama il proprio ambasciatore da Roma, dopo l’incontro del vicepremier Luigi di Maio con un esponente dell’ala estremista dei gilets jaunes. Chi si ricorda poi quando quest’estate il Ministro dell’Interno in uno dei suoi post scrisse “che la Sardegna è meglio della Corsica”? Chissà se tra qualche mese sotto queste tentazioni autarchiche e questo nazionalismo riscoperto torneremo anche a minacciare militarmente gli stati confinanti, quando solo quattro anni fa scrivevamo sulle nostre bacheche “je suis Charlie”. Come se Parigi al tempo si trovasse davvero dietro l’angolo della strada, e i parigini fossero nostri vicini di casa. Sotto questo scenario – si spera fantascientifico – invece, i francesi, oltre che con i jihadisti dell’Isis dovrebbero fare i conti da un momento all’altro anche con i cannoni col tricolore puntati su Mentone e Modane. Altro che TAV.
Già ma del resto “noi italiani” abbiamo un patrimonio storico, paesaggistico e culturale unico che tutta Europa “ci invidia”, possiamo esserne orgogliosi e disinteressarci della Francia. Un po’ contraddittorio poi che intere aeree della capitale siano in mano a clan mafiosi e bande armate, che nelle finanziarie le più sfavorite siano sempre cultura e istruzione, e che ci ricordiamo del bel paesaggio solo in seguito all’ennesima catastrofe. Di quale “italianità” si parla dunque?
Ironie a parte, in questo isolazionismo anti-europeo, sarebbe interessante comprendere dove ricollocare l’ebraismo italiano. Poiché questo per la sua storia e la sua anima non può essere relegato in un unico stato-nazione, le relazioni oltreconfine, parentali o meno, non potrebbero mai mancare. Ma una rottura con il resto d’Europa non danneggerebbe solo il mondo ebraico, quasi chiunque ha ormai figli, amici, parenti che sono emigrati all’estero, parla più lingue, si sente veramente più a Berlino e a Parigi che a Giugliano o a Sesto San Giovanni. L’emigrazione supera in realtà l’immigrazione anche nell’”Italia del cambiamento”. Forse questa extra-territorialità è un sentimento più diffuso tra i giovani, tacciati spesso dispregiativamente di essere la “generazione Erasmus”, e qualora frenata diverrà inevitabile causa di conflitto. Io stesso come livornese ho sempre sentito Nizza e Marsiglia più prossime rispetto a Milano, la Corsica – e quindi la Francia – è in linea d’aria più vicina di Roma. Gli ebrei che hanno contribuito a fondare la mia città avevano cognomi iberici e arabo-berberi, commerciavano con tutto il Mediterraneo, consideravano Tunisi come una propagazione di Livorno. In molte famiglie il francese era lingua d’uso, e molti livornesim hanno messo radici appunto in Francia. Non stiamo andando indietro dunque, se il passato era molto più “aperto” e cosmopolita rispetto al nostro presente.
Non tutto è perduto: intanto, il 29 marzo a Roma è in programma il raduno dell’Europa sovranista, ci saranno i giovani lepenisti, quelli di Alternative für Deutschland, i separatisti fiamminghi di Vlaams Belang, i polacchi di “Diritto e Giustizia”, e forse persino gli “amici” putiniani di Russia Unita. Questa è l’Europa che piace, quella ventura del “prima noi” e “gli altri no”. Peccato che, si sa, al primo posto non possono stare tutti, qualcuno dovrà pur diventare “secondo”…e allora sappiamo già come finirà.

Francesco Moises Bassano