I problemi della storia
“Arnaldo Momigliano considera caratteristiche fondamentali del lavoro dello storico l’interesse generale per le cose del passato e il piacere di scoprire in esso fatti nuovi riguardanti l’umanità. È una definizione che implica uno stretto legame fra presente e passato e che bene si attaglia anche alla ricerca sulle cose e i fatti a noi vicini. Ma come nascono questo interesse e questo piacere? La prima mediazione fra presente e passato avviene in genere nell’ambito della famiglia, in particolare nel rapporto con i genitori e talvolta, come notava Bloch, ancor più con i nonni, che sfuggono all’immediato antagonismo fra le generazioni.”
Inizia così il testo di Claudio Pavone (tratto da Prima lezione di storia contemporanea) che è stato proposto il 19 febbraio nella simulazione della prova di italiano dell’esame di stato per la tipologia B, “analisi e produzione di un testo argomentativo”. Dunque, fortunatamente, la storia non è stata bandita dalla prova, anzi, è addirittura oggetto di riflessione.
Vale la pena di citare anche l’inizio anche del secondo testo proposto sempre nella tipologia B:
“Il tentativo di realizzare i diritti umani è continuamente rimesso in discussione. Le forze che si oppongono alla loro realizzazione sono numerose: regimi autoritari, strutture governative soverchianti e onnicomprensive, gruppi organizzati che usano la violenza contro persone innocenti e indifese, più in generale, gli impulsi aggressivi e la volontà di predominio degli uomini che animano quelle strutture e quei gruppi. Contro tutti questi «nemici», i diritti umani stentano ad alzare la loro voce.” (da Antonio Cassese, I diritti umani oggi).
Sono entrambi temi molto interessanti anche se entrambi a forte rischio di banalizzazione.
La storia entra in scena anche nella tipologia A (“analisi e interpretazione di un testo letterario italiano”): il brano di prosa proposto è infatti la descrizione del bombardamento di Roma nel romanzo La storia di Elsa Morante.
Dunque se le prove di giugno saranno simili a queste il problema principale non pare essere tanto l’assenza del tema storico (che peraltro veniva svolto da pochissimi allievi, sì e no uno per classe, mentre tra i miei 21 ben tre hanno scelto il testo di Pavone). Molto più inquietanti mi sembrano, con la sparizione della terza prova, il ridimensionamento dell’inglese e delle scienze, relegati ormai solo all’orale, che non è ancora ben chiaro come sarà. Le future generazioni saranno sempre meno capaci di interagire con il resto del mondo e sempre più pronte a bersi qualunque bufala in fatto di salute? Spero sinceramente che le mie preoccupazioni si rivelino vane.
Con questo non voglio affatto dire che la storia nella scuola italiana goda di buona salute, anzi. Insegnata quasi sempre da filosofi o da letterati, considerata spesso da studenti e genitori (e anche da qualche insegnante) una materia di serie B (soprattutto nel biennio), raramente citata nei Piani dell’Offerta Formativa con cui le scuole si presentano al mondo, la storia gode di uno status davvero preoccupante. Dunque è giusto verificare che se ne parli nella prova di italiano, ma è ancora più urgente fare in modo che se ne parli decentemente in tutto il resto dei cinque anni. Per ora sembra una battaglia persa.
Anna Segre
(1 marzo 2019)