Milano ebraica

sara valentina di palmaLa settimana è iniziata, dopo lunga e sospirata attesa da parte dei bambini del Talmud Torà di Firenze, con una gita di più giorni. Mentre lo scorso anno la trasferta era stata romana, all’insegna dei carciofi alla giudia in ghetto e della commemorazione del 25 aprile alle Fosse Ardeatine insieme ai nuovi, temporanei compagni di classe della scuola ebraica e delle famiglie che li avevano generosamente ospitati, quest’anno i ragazzi tra i 10 ed i 15 anni sono partiti alla volta di Milano.
Una passeggiata intorno al duomo, un incontro con il Rabbino capo Alfonso Arbib, hamburger a cena, giochi con i bambini ospitanti ed i tre giorni a disposizione sono trascorsi velocemente, riportando a casa una ciurma di ragazzini entusiasti.
I compagni milanesi sono molto bravi in ebraico (mi viene comunicato con ammirazione che leggono e scrivono con disinvoltura in corsivo), e sono più avanti nel programma scolastico in inglese, matematica e scienze. Restano a scuola anche il pomeriggio con alcuni rientri, ma in compenso hanno più intervalli, e più lunghi.
Queste informazioni, e molte altre ancora, sono frutto dell’inserimento dei fiorentini nelle classi milanesi, dove per due giorni hanno preso appunti e partecipato alle lezioni ed alla vita scolastica insieme ai coetanei.
In via Guastalla i ragazzi della keillà di Firenze hanno potuto ammirare il Tempio grande e anche uno più piccolo, raccontano, e diversi Sefarim racchiusi in un contenitore – qui si dilungano in complicate spiegazioni sulle diverse tradizioni sefardite e askenazite in proposito.
In una breve derashà si sono interrogati sul quesito (prontamente rigiratomi) sul perché il popolo di Israele avesse abilità orafe e sapesse cesellare i metalli preziosi per costruire il Miskhan: erano appena usciti dalla schiavitù in cui per generazioni avevano solo lavorato malta e costruito mattoni di fango ed edifici, come era dunque possibile che dei muratori improvvisamente fossero in grado di realizzare un segno tanto grandioso della presenza del Signore in mezzo al popolo?
Era come se i figli di Israele in cuor loro avessero la consapevolezza di essere capaci, si sono impegnati nell’impresa e l’hanno realizzata, mi spiegano. HaShem aveva infuso in loro la forza e la tranquillità per farlo, come quando qualcuno si impegna tanto in qualcosa in cui crede e che desidera intensamente compiere. Kol HaKavod.
A giudicare dalla stanchezza e sonno arretrato da smaltire, oltre che da simpatiche fotografie scattate dalle famiglie che li ospitavano, sembra che i bambini fiorentini abbiano trascorso due belle serate in compagnia dei loro nuovi amici.
Dovremo ricambiare l’ospitalità, pur non avendo una scuola ebraica dove offrire un analogo coinvolgimento nelle attività scolastiche quotidiane con lezioni anche di ebraico ed ebraismo. Forse, dice uno, potrebbero comunque partecipare insieme a noi al Talmud Torà settimanale. E il resto del tempo potrebbe essere impiegato solo a zonzo, a vedere il Tempio, e i luoghi ebraici di Firenze che non sono molti ma, dai resti dell’antica sinagoga in Via dei Ramaglianti alla targa commemorativa che ricorda i due oratori di Via delle Oche, passando per la casa di Salomone Fiorentino sino a piazza della Repubblica dove c’era il ghetto, raccontano una storia antica.
E il prossimo anno invece, sento ragionare, dove potremmo andare, alla ricerca di qualche altra scuola ebraica da esplorare?

Sara Valentina Di Palma