Il papa emerito e gli ebrei

“Joseph Ratzinger ha fatto intendere nuovamente che Dio ama solamente i cristiani”. È quanto si legge in un importante documento pubblicato dalla Zeit negli scorsi mesi, che ha affidato una risposta ad un intervento apparso su una rivista teologica di lingua tedesca al rabbino Walter Homolka, professore di teologia giuridica a Potsdam e rettore del collegio Abraham Geiger. Adesso anche il lettore italiano può conoscerne i contenuti grazie alla traduzione di Giulia Schincariol e alla revisione di Rachele Ferin, studentesse della Scuola Superiore Interpreti e Traduttori dell’Università di Trieste, tirocinanti presso la redazione giornalistica dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane.

Gli ebrei possono solo sognare la riconciliazione con i cristiani. Karol Woityla era un papa che ci capiva e a cui piacevamo: visitò la sinagoga a Roma, parlò degli ebrei come “fratelli maggiori” e rimarcò che Gesù era ebreo. Il suo successore Joseph Ratzinger è stato una doccia fredda. Nel dialogo interreligioso il papa tedesco ha fatto numerosi errori, iniziando con la “Oremus et pro perfidis Judaeis” del Venerdì Santo, nel 2008. Promemoria per chi non se lo ricordasse: da secoli in questa preghiera gli ebrei vengono classificati come “infedeli” e viene chiesto a Dio di liberarli dalla loro “cecità”. Sebbene dagli anni Cinquanta il Vaticano ne abbia smorzato i toni, Benedetto ha comunque puntualizzato nuovamente: gli ebrei devono essere illuminati sulla conoscenza di Cristo, “salvatore di tutti gli uomini”. Tradotto: la loro conversione a Cristo è indispensabile.
Ora Ratzinger insiste. La scorsa settimana è stato pubblicato il suo saggio “Misericordia e vocazione senza pentimento”, un commento sul documento redatto nel 2015 dalla Pontificia Commissione sulle relazioni religiose con gli ebrei, in altre parole una correzione della dichiarazione “Nostra aetate” del Concilio del 1965. All’epoca Roma aveva trasformato l’assoluta pretesa di verità del Cristianesimo in un rapporto rispettoso e conciliatore nei confronti delle altre religioni – e così facendo aveva aperto un nuovo capitolo riguardante gli ebrei: sì, il Cristianesimo ha le sue radici nell’Ebraismo! Sì, c’è verità anche al di fuori della Chiesa, quindi alleluia!
Ma ora Ratzinger fa marcia indietro. Utilizzando argomentazioni con cui, per secoli, la Chiesa aveva screditato gli ebrei e li aveva privati dei loro diritti, ha dato adito nuovamente alla superbia cristiana e alla superiorità di pensiero. Ad esempio: certo gli ebrei sono il popolo di Dio, ma il loro legame con Dio rimane una promessa. Solo tramite Cristo l’alleanza del Sinai viene rifondata in un nuovo rapporto e ottiene la sua “figura definitiva durante l’ultima cena di Gesù Cristo, che anticipa e porta con sé la crocifissione e la risurrezione”. In poche parole: noi ebrei siamo un popolo irredento.
Tuttavia, Ratzinger ha riconosciuto che Israele non ha mai smesso di essere “portatore della promessa di Dio”, e rimane anche detentore del testo sacro, che per i cristiani è il Vecchio Testamento, continuato e completato dal Nuovo Testamento. Gli ebrei hanno quindi la rivelazione di Dio tra le mani, ma non la interpretano in maniera corretta. Ratzinger ha suggerito che noi ebrei non avremmo dato la svolta decisiva al rapporto con Dio, anche se l’amore divino sarebbe riconoscibile nelle sofferenze e nell’esilio degli ebrei. Questo è quello che, in quanto ebrei, esce dalla bocca di un papa tedesco deposto. Beh, grazie tante!
Per me il saggio di Ratzinger è chiarissimo: per chi lo ha scritto, l’ebraismo vivo di oggi non significa nulla, è solamente una forma precedente del Cristianesimo, una reminiscenza. Dalla somiglianza del testo sacro non si evince alcuna vicinanza sostanziale fra ebrei e cristiani. In nessun aspetto Benedetto cerca di vedere gli ebrei come comunità religiosa dopo Cristo, di dare considerazione alla loro verità o addirittura di imparare qualcosa dalla tradizione ebraica: ad esempio, il fatto che una coppia, il cui rappacificamento è senza speranze, debba dividersi, o che anche le donne possono esercitare il sacro ministero, o che nessuno deve rimanere solo, perfino se si tratta di un prete.
Forse Joseph Ratzinger non sarà un antisemita, ma si appropria del nostro legame con Dio, ce lo ruba come un ladro di notte, e questo noi lo respingiamo categoricamente. In qualità di rabbino spero che l’”Ecclesia triumphans” del papa emerito non trovi supporto intellettuale e che l’attuale papa garantisca una nuova teologia, in cui i cristiani abbiano stabilito un rapporto personale con Dio tramite il loro credo, ma non abbiano rimpiazzato l’Ebraismo. Papa Francesco vuole seguire la dichiarazione “Nostra aetate” e assicurare continuità alla riforma della Chiesa, vuole prendere le distanze in modo radicale da qualsiasi missione riguardante gli ebrei e ignorare il testo di Benedetto!

Rav Walter Homolka è professore di teologia giuridica a Potsdam e rettore del collegio Abraham Geiger. Recentemente ha pubblicato “Transizioni. Osservazioni di un rabbino” (patmos)

Citazioni
“Mai e poi mai potrà essere compito di un popolo vendicarsi sugli ebrei per l’omicidio sul Golgota” Dietrich Bonhoeffer, teologo a Berlino, 1933

“Si accusano gli ebrei di aver avvelenato i pozzi. Dato che di questo vengono ingiustamente incolpati gli ebrei, vietiamo tutti quei predicatori che incoraggiano i cristiani ad attaccare gli ebrei”. Papa Martino V a Roma, XV secolo

“Il grande silenzio sull’omicidio degli ebrei dal 1933 è uno dei capitoli più bui del Protestantismo tedesco” Friedrich Schorlemmer, pastore a Wittenberg, 2017

Traduzione di Giulia Schincariol e revisione di Rachele Ferin, studentesse della Scuola Superiore Interpreti e Traduttori dell’Università di Trieste, tirocinanti presso la redazione giornalistica dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane.