Ebrei e cristiani, quale rapporto

Zeit“Gli ebrei non hanno bisogno di noi – Ma noi di loro, sì! Cosa possono fare i pastori contro l’antisemitismo cristiano”. È quanto spiega alla Zeit il delegato per il dialogo cristiano-ebraico nella Chiesa evangelica della Germania centrale Teja Begrich, protagonista del terzo contributo della rivista tedesca pubblicato negli scorsi mesi in risposta a un discusso intervento apparso su una rivista teologica del pontefice emerito Joseph Ratzinger. “Noi pastori dovremmo dire chiaramente che anche il credo ebraico è vero e che non c’è nessun privilegio cristiano della verità. Dovrebbe essere obbligatorio per i teologi non solo sapere l’ebraico, ma anche conoscere l’Ebraismo. Non esiste il cristianesimo senza l’Ebraismo. Gli ebrei non hanno bisogno di noi. Ma noi di loro, sì!”, spiega alla Zeit Begrich, in un’intervista tradotta per i nostri lettori da Giulia Schincariol con revisione di Rachele Ferin, studentesse della Scuola Superiore Interpreti e Traduttori dell’Università di Trieste, entrambe tirocinanti presso la redazione giornalistica dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane.

DIE ZEIT: Signor Begrich, tutti i pastori tedeschi, nel loro percorso formativo, sostengono un esame di lingua ebraica. Quando è stata l’ultima volta che ha letto un testo della Torah in ebraico?
Teja Begrich: Ieri mattina, per tradurre il testo del Vecchio Testamento di domenica prossima.
ZEIT: Qual è un passo particolarmente importante delle scritture ebraiche per lei?
Begrich: Una frase dall’Esodo 17: “L’Eterno è egli in mezzo a noi, sì o no?”, che da Lutero viene tradotta così: “Il Signore è in mezzo a noi, sì o no?”. Questa è la domanda fondamentale della vita.
ZEIT: Lei è il delegato per il dialogo cristiano-ebraico nella Chiesa evangelica della Germania centrale. I cattolici stanno discutendo in questo momento su un testo del papa emerito e sulla sua eventuale natura ostile verso gli ebrei. L’argomento tocca anche lei?
Begrich: Sì, dato che teologicamente parlando la Chiesa cattolica e quella evangelica qui in Germania seguono ufficialmente la stessa linea: Israele è quello che rimane del popolo eletto da Dio. Ma ho qualche dubbio che l’avversione della Chiesa per gli ebrei sia stata superata. Quando la mia Chiesa ha condannato la missione per la conversione degli ebrei, alcuni pastori si sono lamentati di non poter più predicare la vita di Gesù. Sciocchezze! Possono darne testimonianza in ogni momento, ma devono convivere con il fatto che alcune persone non hanno bisogno di Gesù – o che in quanto ebrei hanno un accesso a Dio diverso da Gesù.
ZEIT: I protestanti avevano dai tempi di Lutero un proprio antisemitismo. E oggi?
Begrich: Sarebbe ingenuo pensare che dopo la Shoah sia scomparso ciò che era stato nella natura del cristianesimo per 2000 anni: l’antigiudaismo. Certo, i discepoli di Gesù furono mandati dalle “pecorelle smarrite di Israele” e l’evangelista Matteo parlava ancora come un rabbino. Ma l’evangelista Giovanni parlava già con distacco “degli” ebrei e delle “loro” sinagoghe. Non c’era comunque nessuna ostilità. Ma non appena io come cristiano rendo piccolo l’altro solo per apparire più grande, allora ho un problema. E Lutero aveva un grosso problema. Addirittura, incitava la gente a dare fuoco alle sinagoghe e a scacciare i rabbini. Questo resta imperdonabile.
ZEIT: E come si relaziona lei con le posizioni antisemite presenti nel Nuovo Testamento?
Begrich: Le leggo come parola di Dio, ma trasmessa dagli uomini, quindi non da seguire alla lettera. Gesù dice ai farisei: “Voi non siete figli di Abramo, ma del diavolo!”. Ma Gesù dice anche alla samaritana: “La salvezza è dei giudei!”. Nella prima spiacevole frase vediamo che Gesù è un uomo come gli altri: può sbagliare.
ZEIT: Prima del giubileo della Riforma ha scritto con altri pastori della Germania centrale un documento contro l’antigiudaismo nella sua Chiesa. Era necessario?
Begrich: Sì! Ci sono alcuni evangelici che ancora si considerano l’unico popolo amato da Dio. Da uomini di poca fede, partono dal presupposto che Dio possa amare soltanto un determinato gruppo di persone. Già la vecchia Chiesa aveva affermato che quando Dio sceglie un nuovo popolo, rifiuta quello vecchio. Ma se credessi a questo, dovrei anche temere di essere rifiutato da Dio io stesso, un giorno. Per quel che riguarda l’antisemitismo protestante: i cattolici probabilmente non avrebbero creato alcun istituto per “degiudaizzare” la Bibbia, come fecero a Eisenach nel 1939 undici chiese evangeliche regionali. Nelle case dei pastori della Germania orientale sono ancora presenti libri di Walter Grundmann, il direttore di questa “degiudaizzazione”, che rappresentava Gesù come il salvatore degli ariani. Grundmann istruì alcuni catechisti nella Germania Est, e così qualcosa ancora persiste.
ZEIT: E cosa si può fare?
Begrich: Noi pastori dovremmo dire chiaramente che anche il credo ebraico è vero e che non c’è nessun privilegio cristiano della verità. Dovrebbe essere obbligatorio per i teologi non solo sapere l’ebraico, ma anche conoscere l’Ebraismo. Non esiste il cristianesimo senza l’Ebraismo. Gli ebrei non hanno bisogno di noi. Ma noi di loro, sì!

Teja Begrich è pastore a Mühlhausen e delegato per il dialogo cristiano-ebraico nella Chiesa evangelica della Germania centrale

Traduzione di Rachele Ferin e revisione di Giulia Schincariol, studentesse della Scuola Superiore Interpreti e Traduttori dell’Università di Trieste, tirocinanti presso la redazione giornalistica dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane.