Immagini – Nureyev,
la danza in uno scatto

gabbaiLa foto di Francette Levieux, fotografa ufficiale dell’Opéra di Parigi, è potente nel fissare l’istante in cui Rudolf Nureyev, emblema della danza, si ferma in aria in tutta la sua straordinaria eleganza.
Spirito libero e rivoluzionario, insofferente ad ogni forma di regola o limite, diviene nel 1961 uno dei simboli della Guerra Fredda. La sua è la storia di molti, di tutti coloro che scapparono prima e dopo di lui dalla morsa del regime sovietico; ma nessuno, come lui, ha lasciato un’impronta così indelebile nel mondo della danza.
Il contesto è quello dell’URSS all’indomani del regime staliniano, che con Nikita Chruscev diede l’avvio al primo processo di destalinizzazione dell’URSS e alle prime forme di disgelo con gli Stati dell’Occidente.
NureyevNureyev, allora poco più che ventenne, faceva parte della compagnia di balletto del Kirov di Leningrado, dove aveva già da tempo rivelato le sue doti straordinarie ma nella quale, forse volutamente, non gli veniva dato né il giusto spazio né il giusto risalto.
L’occasione fu una tournée del Kirov in Europa. Nureyev colse immediatamente le potenzialità che il mondo occidentale poteva offrirgli come artista e come uomo. Attirò immediatamente l’attenzione dei critici ammirati dalla grandezza del suo modo di danzare e dalle sue doti innate frutto non solo di sconfinato talento ma anche di duri e faticosi allenamenti. Le critiche entusiasmanti e il bisogno di libertà espressiva fecero il resto; il Kirov decise che non avrebbe seguito la compagnia a Londra ma sarebbe rientrato a Leningrado, nel timore che il successo riscosso e le notti parigine in libertà potessero avere influenze sovversive e devastanti su di lui e sugli altri danzatori della compagnia. Nureyev intuì che quel ritorno avrebbe determinato la sua fine e consapevole dei rischi e delle conseguenze il 21 giugno 1961 si consegnò alle autorità francesi chiedendo asilo politico. La condanna fu immediata: Nureyev traditore e veto assoluto di rientrare in URSS dove aveva lasciato la madre e le due figure di riferimento umano e artistico Ana Udeltosova (sua prima maestra di danza) e Alexander Pushkin (suo primo maestro al Bolschoi di Mosca prima di approdare al Kirov.).
Ma il suo carattere ostinato, duro, temprato da un’infanzia povera e difficile lo sostenne nella sua scelta. Il gesto, anche se compiuto da una persona allora semisconosciuta incuriosì l’opinione pubblica e fu il pretesto per alzare il velo sul regime sovietico che, al contrario, sminuì l’accaduto.
Da quel momento in poi l’ascesa fu immediata e nessuno come lui ha rivoluzionato i canoni della danza maschile e della danza in generale. Ha valorizzato il ruolo dell’uomo spesso relegato ad accompagnatore della ballerina e ha creato coreografie maschili di grande modernità e intensità.
Il suo danzare era la sua vita, era il suo riscatto e la sua forza. Nureyev è stato il danzatore moderno per eccellenza; prima di lui la danza era ancorata agli stereotipi fondamentali dell’inizio del Novecento, e nessuno come lui è riuscito a coniugare tecnica ed emozione. E pochi dopo di lui, anche se forse nessuno alla sua altezza.
Il sodalizio professionale con Margot Fonteyn, aristocratica danzatrice inglese, fu la sublimazione della danza e del rapporto particolare che li unì tutta la vita.
Ancora oggi rivedendo i filmati a disposizione Nureyev appassiona, incanta, emoziona.
Il crollo del muro di Berlino nel 1989, di cui quest’anno corre il trentennale, diede l’avvio al disgelo dei rapporti fra Occidente e URSS e questo consentì a Nureyev, proprio nello stesso anno, di tornare in patria dopo quasi trent’anni di esilio fisico ed emotivo dalle sue radici.

Ruggero Gabbai