Il genio di Arno Nadel

lotoroUn giorno la letteratura universale dovrà rendere un grande tributo al geniale compositore, direttore d’orchestra, arrangiatore, pittore, poeta, drammaturgo e traduttore ebreo lituano Arno Nadel.
Nato nella Vilnius zarista il 5 ottobre 1878 presso una famiglia di tradizione chassidica, immenso conoscitore e cultore di musica ebraica, nel 1895 si iscrisse presso lo Jüdische Lehrerbildungsanstalt di Berlino studiando composizione con Max Julius Loewengard e Ludwig Mendelsohn.
Compositore di musica da camera, quartetti per archi, un quintetto, una suite per due pianoforti e Lieder, dal 1903 fu responsabile del supplemento musicale della rivista ebraica sionista Ost und West e tra il 1916 e il 1918 del giornale di Martin Buber Der Jude, lavorando altresì come critico musicale per il Vossische Zeitung, il Vorwärts, Freiheit e Die Musik; a partire dal 1918 si dedicò alla pittura, realizzando il ciclo Vierzig Gestalten der Bibel e diversi autoritratti.
Arno NadelNel 1916 assunse l’incarico di direttore di coro presso la sinagoga Kottbuser Ufer e successivamente presso la Fraenkelufer di Berlino–Kreuzberg, dedicandosi alla composizione e trascrizione di repertorio sinagogale, cantate bibliche e musica popolare ebraica; tra le opere pubblicate Jüdische Liebeslieder, Jontefflieder e Zemirot shabat, altre sue composizioni rimasero inedite come Orgelvorspiel über hebräische Motive (eseguito nel marzo 1936 presso il Friedenstempel di Berlino con Herman Schwarz all’organo) e Der Herr segne und behüte dich per coro maschile e solisti.
Nel 1923 il Rat della Comunità ebraica di Berlino gli commissionò l’accompagnamento musicale di tutte le tefilloth: il risultato fu un manoscritto di sette volumi, autentico compendio di musica sinagogale per cantore, coro e organo completato l’8 novembre 1938.
La sua raccolta di poesie Der Ton: Die Lehre von Gott und Leben del 1920 nonché 2.000 poesie e cicli poetici ispirati al teatro ebraico polacco e russo sono da citare tra le pietre miliari della letteratura poetica universale; sua è la traduzione in tedesco del Der Dybuk di Salomon An–Ski (1921).
Con l’avvento del nazionalsocialismo, la diffusione dell’opus artistico di Nadel fu vietata; ottenne un visto per l’espatrio in Gran Bretagna per sé e la moglie Anna Schleuer ma non intraprese il viaggio.
Nel 1938 fu arrestato e trasferito a Sachsenhausen, il 12 marzo 1943 fu trasferito a Birkenau dove fu ucciso presumibilmente dopo l’arrivo; prima della deportazione, Nadel lasciò l’intera sua biblioteca al vicino di casa, dopo la Guerra il collezionista Eric Mandell acquisì la collezione e la trasferì negli Stati Uniti dove giace non catalogata presso il Gratz College Archive di Philadelphia.
Ci aspettano lunghe ed estenuanti guerre contro ignoranza endemica, terrapiattismo cerebrale, antisemitismo; sfide che si combattono con le uniche armi vincenti ossia quelle artistico–culturali.
È sul passato, non già sul futuro, che ci sfideremo nella battaglia più affascinante; quella per la conservazione del Bello e del Vero.
Temo la bellezza tramandata da una civiltà o da un popolo perché, quando essa è accolta dal consesso internazionale, è troppo tardi; dalle piramidi egizie e mesoamericane sino a Göbekli Tepe, assistiamo puntualmente alla vittoria dello spazio e alla sconfitta del tempo.
Non c’è invero nulla da temere per il popolo ebraico, genio planetario della conservazione dei meccanismi del tempo; nell’occhio del ciclone della catastrofe deportatoria perpetrata durante la Seconda Guerra Mondiale e oltre la resa dei conti di Norimberga, furono gli ebrei d’Europa a colare il cemento delle fondamenta creativistiche e costruzionistiche di un nuovo mondo, a ripensare una nuova Bayreuth, a scorgere future biblioteche alessandrine.
Arno Nadel vive.

Francesco Lotoro