Le strategie sul Golan

AssaelIl riconoscimento della sovranità israeliana sulle pianure del Golan viene da molti interpretato come un altro gesto «storico» di Donald Trump. Del resto, sono parole usate dallo stesso Netanyahu. La posizione prevalente da parte degli osservatori è che si tratta, così come è stato per lo spostamento dell’ambasciata a Gerusalemme, di un gesto simbolico, da interpretare come un aiuto all’amico Bibi che ha bisogno di rivendicare successi nella sua campagna elettorale permanente. Poi, però, ci si chiede se dietro gesti simili non si possa intravedere una strategia politica che serve ad entrambi gli attori. Quale sia il vantaggio per Israele è chiaro: un ampliamento dei propri confini ed un rafforzamento dell’idea della Grande Israele in chiaro contrasto con la politica dei due Stati, che rappresenta ancora la posizione ufficiale del governo. Ma cosa ci guadagna un’America che vuole disimpegnarsi dal pantano mediorientale? La risposta è semplice: una sentinella nell’area. Se questo ruolo sia la miglior prospettiva per i giovani e le giovani israeliane costrette a far altre guerre per procura è tutto da stabilire. A volte appare una riedizione del vecchio motto «Armiamoci e partite».

Davide Assael, ricercatore