Yoav, un sogno chiamato Serie A

La suggestione neroverde per il momento è sfumata. Ma la Serie A resta la grande ambizione di Yoav Librus, 17 anni, uno dei giovani emergenti del calcio israeliano. Anzi, italo-israeliano visto che grazie a mamma Daniela, presidente del Viola Club Tel Aviv dedicato a Davide Astori (e in precedenza a Giancarlo Antognoni, leggendario numero dieci della Fiorentina), ha la doppia cittadinanza.
Neroverde come il colore della casacca del Sassuolo, con cui ha svolto in febbraio un provino. Esito positivo, ma le regole in vigore rendono non semplice il tesseramento di un calciatore non comunitario. Le eccezioni si fanno per pochi, insomma. E nel caso di Yoav i dirigenti emiliano-romagnoli il nome se lo sono comunque appuntato sul taccuino. Magari sarà un arrivederci. O magari arriverà qualcun altro ad accaparrarsi le prestazioni di questo talentuoso attaccante in forza alla squadra giovanile dell’Hapoel Tel Aviv (di cui è il capitano).
In rete circola un suo goal sensazionale. Lui che recupera palla sulla fascia, dribbla due avversari, si avvicina all’area di rigore e scarica nel sette un tiro imparabile. Un goal alla Ibrahimovic o alla Cristiano Ronaldo, che ha fatto strabuzzare gli occhi a molti. E in particolare al suo agente, Adam Kidan, che cura tra gli altri gli interessi di Eran Zahavi, il più forte calciatore israeliano in circolazione con un passato al Palermo e un presente piuttosto ben retribuito ai cinesi del Guangzhou R&F.
Per una porta che non si è aperta, chissà che altre opportunità non si possano ripresentare altrove. Magari a Firenze, per la gioia di Daniela e degli altri iscritti al piccolo ma attivissimo Viola Club locale che ad ogni partita della squadra di Pioli segue e commenta con trepidazione dal primo al novantesimo minuto, anche attraverso un apposito gruppo su Whatsapp. Dall’ex dietista della Fiorentina di Prandelli Lior Many, che appena poche settimane fa ha accompagnato in Israele Alex Del Piero e Andrea Pirlo per una iniziativa pubblicitaria, al corrispondente di guerra Itai Anghel, che ha raccontato l’Isis intervistando alcuni ex combattenti dello Stato islamico: un manipolo di scatenati che farebbero davvero un tifo speciale se il suo destino fosse in riva all’Arno.
Non sarà semplice. D’altronde non è che Israele abbia proprio questa gran tradizione calcistica. E in particolare in Italia gli squilli di tromba son stati assai pochi. Il primo sarebbe dovuto essere quello di un attaccante di un certo estro: Ronny Rosenthal. È l’estate del 1989 quando l’Udinese prima lo presenta e poi lo scarica per via di un problema alla schiena (che però non gli impedirà di imporsi ad un certo livello, in particolare al Liverpool). Prima del clamoroso voltafaccia sui muri di Udine compaiono scritte antisemite, opera di alcuni ultras friulani che non gradiscono l’acquisto. “Non ho mai creduto che l’Udinese mi avesse scaricato per questo, perché si era spaventata: magari mi sbaglio, ma credo che fosse più che altro una questione d’affari. Hanno avuto l’occasione di prendere Abel Balbo e l’hanno sfruttata, senza rispettare gli accordi presi con me” ha detto Rosenthal in una recente intervista con il Corriere della sera. Resta comunque l’amaro in bocca. E la sua vicenda sportiva, 30 anni dopo, non può che essere indissolubilmente legata a quella triste pagina di estremismo dentro e fuori la curva.
Passano poco meno di dieci anni e arriva finalmente il momento dell’esordio di un israeliano in massima serie. Meno classe e talento rispetto a Ronny, ma molta solidità fisica e tanto cuore: per tre anni, dal 1997 al 2000, Tal Banin sarà il guardiano del centrocampo del Brescia. Una stagione in Serie A, due in Serie B. In tutto oltre un’ottantina di presenze e un goal. E un rimpianto che porta ancora con sé: quello di aver lasciato le rondinelle la stessa estate in cui a Brescia sarebbe arrivato Roberto Baggio. Resta comunque la soddisfazione di aver giocato insieme a un giovanissimo Pirlo (che ha recentemente incontrato, abbracciandolo calorosamente, in occasione del suo viaggio in Israele).
Dopo Banin, nel 2011 è la volta di Zahavi e del suo arrivo in Sicilia gravato dalla responsabilità di non far rimpiangere Javier Pastore da poco ceduto al Paris Saint Germain. Compito non troppo riuscito, anche se tutto sommato poteva andar peggio. Ventitré presenze e due reti la prima stagione. Una manciata la seconda, conclusasi con il ritorno al Maccabi Tel Aviv. Da allora Zahavi non ha più smesso di segnare. Tra Israele e Cina siamo a ben oltre 120 realizzazioni. E in nazionale a fine marzo, in occasione di un incontro di qualificazione agli Europei, ha pure demolito l’Austria con una tripletta.
Se come si dice non c’è due senza tre, forse è arrivato il momento di Yoav.

a.s twitter @asmulevichmoked Pagine Ebraiche aprile 2019