International Edition – L’infanzia nell’arte
Focus di Pagine Ebraiche International Edition di questa settimana l’infanzia nell’arte. Ad aprire il notiziario dedicato al pubblico internazionale è l’introduzione del dossier Leggere per Crescere curato da Ada Treves sul numero di Pagine Ebraiche di aprile, che racconta l’importante ruolo della Bologna Children’s Book Fair, uno dei punti di riferimento del settore a livello internazionale (a firmare la versione in inglese Sara Facelli e Claudia Azzalini, studentesse della Scuola traduttori e interpreti di Trieste che stanno svolgendo il proprio tirocinio nella redazione giornalistica dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane).
L’ultima volta era stata a Parigi nel 1900, in occasione dell’Esposizione Universale. La preziosa Haggadah lombarda, manoscritto del XIV secolo illustrato dall’artista Giovannino de Grassi è in mostra in questi giorni alla galleria Les Enluminures di New York. A raccontarlo la rubrica Italics, che riprende un articolo pubblicato dal magazine di arte Apollo. Il volume contiene settantacinque illustrazioni, che decorano quasi ogni pagina.
Segue poi l’approfondimento del direttore Guido Vitale dedicato all’artista Hannes Binder, autore di opere incredibili caratterizzate dall’alternarsi del bianco e del nero.
Sempre a Bologna, è invece aperta fino al 20 maggio al Museo ebraico la mostra Unforgettable Childhood – Infanzia indimenticabile, una rassegna di sessanta artisti israeliani e italiani che tramite diverse tecniche – dalla pittura alla fotografia e scultura – e materiali – carta, legno, metallo – raccontano il fondamentale ruolo dei primi anni di vita nel formare la coscienza e la personalità di ciascuno.
È lo spagnolo la lingua settimanale di Bechol Lashon, con una riflessione della storica Anna Foa che si interroga su come nasca il sovranismo. “Ad essersi ristretto, ci spiegava la Sontag, non è il livello di empatia ma la nozione di ‘altro’. L’empatia di fronte al dolore degli altri riguarda una cerchia sempre più ristretta di ‘altri’: famigliari, amici, ‘membri della stessa comunità, corporazione o etnia’,” sottolinea la studiosa, nella traduzione di Arianna Mercuriali.
Infine in pilpul un pensiero di David Bidussa sull’importanza delle parole, che possono avvelenarci pian piano, senza che ci si renda conto. “Che lingua parliamo?” si chiede lo storico sociale delle idee
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