Letteratura impegnata

lucreziHo già avuto modo di elogiare, in passato, l’alto valore morale della saga ‘Millennium’, la serie di romanzi creata dallo scrittore svedese, prematuramente scomparso, Stieg Larsson, e poi continuata, dopo la sua morte, da David Lagercrantz: un esperimento editoriale, con’è noto, che ha incontrato straordinario successo mondiale, con traduzioni in quasi tutti i Paesi del mondo, e decine di milioni di affezionati lettori, coinvolti nelle avventure dei due protagonisti, la taciturna vendicatrice ‘punk’ Lisbeth Salander, genio dell’informatica e dell’hakeraggio, e l’inarrestabile e affascinante giornalista d’inchiesta Mikael Blomkvist. Due personaggi appartenenti a mondi completamente diversi e dai caratteri diametralmente opposti (cupa, solitaria e misantropa lei, famoso personaggio pubblico e irresistibile dongiovanni lui), accomunati da una strana e tacita alleanza, basata su un comune amore per la giustizia. Ed è davvero singolare come il cambio di autore non abbia portato nessun nocumento al valore letterario della narrazione: Lagercrantz non è da meno di Larsson e, pur nella fedeltà all’impianto narrativo voluto dall’iniziatore della serie, riesce a introdurre degli elementi di novità di grande efficacia.
Il quinto e ultimo volume, intitolato L’uomo che inseguiva la sua ombra (Marsilio ed.), fa entrare in una storia altamente avvincente, nella quale, tra i vari argomenti trattati, emergono quelli della prevaricazione domestica sulle donne e poi delle ricerche pseudoscientifiche sulle coppie gemellari (tema che rievoca chiaramente i mostruosi esperimenti effettuati dal Dottor Mengele, pur mai menzionato nel libro).
Entrambe le questioni vengono affrontate con notevole forza espressiva, inducendo il lettore a confrontarsi con problemi di grande drammaticità e attualità.
Quanto alle sopraffazioni della società maschilista, Lagercrantz, al di là degli episodi estremi dei femminicidi e dei pestaggi, ha il coraggio di andare alla radice del problema, ossia il rifiuto, in alcuni gruppi sociali – nel romanzo, si parla di ambienti dell’Islam scandinavo – di riconoscere alcuna capacità di autodeterminazione alla donna, la cui aspirazione alla libertà viene considerata da padri e fratelli come un intollerabile affronto. E particolarmente pungente, poi, appare la denuncia del muro di indifferenza che – anche in società teoricamente progredite, come la Svezia di oggi – circonda tali episodi, che vedono le pubbliche istituzioni tollerare passivamente flagranti violazioni dei diritti umani, ignorate in nome di un presunto principio di neutralità dello stato di fronte all’autonomia dei privati (anche quando esercitata in modo palesemente illegale).
Riguardo, poi, agli studi sui gemelli, l’autore ci mette di fronte a una delle questioni più delicate e inquietanti dell’odierno dibattito bioetico, ossia quali limiti debbano o possano essere posti alla ricerca scientifica, per evitare che essa possa entrare in territori oscuri, venendo poi spregiudicatamente utilizzata contro la vita e la dignità dell’uomo. E il fatto che questi limiti appaiano a volte ambigui, sfuggenti e mutevoli induce il lettore a interpellare la propria coscienza, mettendolo di fronte a un dovere di comprensione, di giudizio e di presa di posizione. Certamente, il libro fornisce degli importanti elementi di riflessione, utili a valutare la degenerazione della scienza realizzata da parte di alcuni moderni sistemi totalitari, di cui il nazismo è l’esempio più terribile e conosciuto, ma non l’unico.
Nel seguire le gesta di Blomkvist e della Salander – che riescono a sventare i perversi piani di brutali sopraffattori e psicopatici criminali nazistoidi – il lettore viene posto di fronte a questioni dirimenti, che toccano direttamente la sua coscienza, e richiamano al dovere di una solerte vigilanza, di una cittadinanza attiva e consapevole, dando così un nobile esempio di letteratura (come si diceva un tempo) ‘impegnata’, densa di sollecitazioni etiche, atta a sensibilizzare sui temi dei diritti negati, della violenza, della dignità dell’uomo vilipesa. Un impegno non retorico, non ‘buonista’, che non appanna minimamente – anzi – la godibilità della lettura, e che appare invece, purtroppo, alquanto assente nella letteratura nostrana, così concentrata, in larga prevalenza, in più innocue trame di storie poliziesche, saghe familiari e vicende sentimentali.
In attesa del sesto volume, complimenti a Lagercrantz, e con lui, ovviamente, al grande Larsson.

Francesco Lucrezi

(1 maggio 2019)