L’ultimo ramo

rav momigliano“La casa che era là – non esiste più. La casa che avrebbero potuto costruire qui – non sorgerà. Erano l’ultimo ramo – ‘Netzer acharon’ – che non esiste più”.
Queste parole sono incise in un monumento che si trova a Gerusalemme, sul Monte Herzl, destinate a mantenere la memoria di 144 giovani, caduti durante gli eventi bellici che, per volontà di paesi ostili, accompagnarono la nascita dello Stato d’Israele.
Ciascuno di quei 144 giovani era “l’ultimo ramo”, ultimo sopravvissuto alla Shoah della propria famiglia, ciascuno di loro ne aveva sperimentato gli orrori, nei ghetti, nei campi di sterminio, nelle lotte disperate per la sopravvivenza. Il loro desiderio era di ricostruire il proprio futuro in terra d’Israele. “La casa” che essi non ebbero tempo di costruire nella loro troppo breve vita – è la casa che spetta ad ogni ebreo continuare ad erigere, è il futuro del popolo ebraico, è il legame che sentiamo con questa terra, è la continuità che riconosciamo tra la Memoria della Shoah e la nascita dello Stato d’Israele. “L’ultimo ramo” ci riporta alle sue radici, è l’albero che sta a noi curare perché ancora darà i suoi frutti, è un impegno profondo di vita ebraica perché questa “casa” – che è rappresentata da Israele come popolo ebraico, ovunque esso si trovi, ma anche, nel senso assolutamente concreto, dalla terra e dallo Stato d’Israele – possano un giorno dare luogo ad una dimora ancora più grande , quella che, simbolo di pace e di spirituale concordia tra i popoli, ha visto di lontano il Profeta Isaia: “Poiché ( dice l’Eterno) la Mia Casa sarà chiamata Casa di Preghiera per tutti i popoli”( Isaia 56,7).

Giuseppe Momigliano, rabbino