La Shoah e i beni confiscati agli ebrei,
Polonia annulla missione con Israele

Schermata 2019-05-13 alle 14.35.45In Polonia, l’estrema destra è scesa in piazza per protestare contro ogni forma di restituzione o risarcimento alle Comunità ebraiche per i beni confiscati durante e dopo la Shoah agli ebrei polacchi. Gli ultranazionalisti ne hanno fatto un manifesto elettorale: “La Polonia non ha obblighi”, “Iene dell’Olocausto”, “Noi diciamo no a regalare le proprietà senza eredi”. Sono alcuni degli slogan dei manifestanti che hanno messo sotto pressione il partito nazionalista di governo Diritto e Giustizia. Il primo ministro polacco Mateusz Morawiecki ha di recente dichiarato che non ci sarà alcuna discussione sulla restituzione delle proprietà ebraiche. Ed è in questo clima che la Polonia ha deciso in questo ore di annullare la visita di una delegazione ufficiale israeliana a Varsavia che aveva in programma di discutere proprio questo tema. “La Polonia ha deciso di annullare la visita dei funzionari israeliani dopo che la parte israeliana ha apportato modifiche dell’ultimo minuto nella composizione della delegazione, suggerendo che i colloqui si sarebbero concentrati principalmente sulle questioni relative alla restituzione delle proprietà”, ha dichiarato il Ministero degli Esteri polacco. Una dichiarazione, spiega Konstanty Gebert, noto giornalista e scrittore nonché membro della Comunità ebraica polacca, che rappresenta una difesa preventiva dai sicuri attacchi dell’estrema destra locale. “La situazione polacca ricorda oggi quella ungherese di Orban con Jobbik – spiega Gebert – Diritto e Giustizia, il partito di governo, deve fronteggiare un’alleanza di estrema destra che potrebbe rubargli voti alle prossime elezioni europee e soprattutto alle elezioni nazionali d’autunno. Questa alleanza sta basando la sua campagna politica esclusivamente su un punto: fare una battaglia contro la legge 447”.
Il Justice for Uncompensated Survivors Today (JUST) Act, o legge 447, dispone che il Dipartimento di Stato americano fornisca al Congresso un rapporto sui progressi di decine di paesi nel mondo che nel 2009 hanno firmato una dichiarazione sulla restituzione dei beni sequestrati durante o dopo la Seconda guerra mondiale. Si tratta della cosiddetta dichiarazione di Terezin – che non ha potere legale -, che include disposizioni che promuovono risarcimenti e restituzioni legate ai singoli ebrei – o ai loro eredi – a cui sono stati confiscati i beni durante e dopo la Shoah o, alle comunità ebraiche, nel caso non ci siano eredi. “È una situazione molto complessa. In particolare per i beni senza eredi: per la legge polacca come per quasi tutti i paesi, i beni per cui non è indicato un erede vengono nazionalizzati. La dichiarazione di Terezin ci dice che per i beni legati alla Shoah bisogna fare un’eccezione perché non è che i legittimi proprietari non hanno voluto fare testamento. Non hanno potuto perché sono stati bruciati. C’è quindi una questione morale nel ritenere erede legittimo lo Stato di questi beni”.
Dalla caduta del comunismo nel 1989 molte organizzazione ebraiche e non solo si sono battute in Polonia per ottenere un risarcimento per le proprietà perdute, sequestrate dai regimi autoritari polacchi, ma le successive amministrazioni di Varsavia non hanno mai risolto il problema. “L’antisemitismo aiuta ma il problema principale è la dimensione del trasferimento di proprietà: parliamo di una Comunità ebraica di 3 milioni di ebrei quasi completamente cancellata, per cui si può immaginare la consistenza dei beni al centro del contrasto”, afferma Gebert, che spiega di essersi molte volte immaginato una soluzione ma di non essere mai riuscito a figurarsene una. Quello su cui non recede però è che il governo riconosca che l’esistenza di una questione morale. “Ci sono centinaia di migliaia di persone che vivono in case altrui”. Case di ebrei polacchi cancellati dalla Shoah. “La Polonia deve farci i conti”.

Daniel Reichel

Di Polonia e conti con il presente e il passato ebraico si parla a Genova in un doppio appuntamento dal titolo “Ebrei e Polonia: una storia impossibile?”, organizzato dal Dipartimento di Lingue e Culture Moderne dell’Università, in collaborazione con la Comunità ebraica locale e l’Associazione Italo-Polacca. Lunedì 13 maggio (ore 19.00 – 20.30 – Ristorante-pub Kowalski, via dei Giustiniani 11) si confronteranno sul tema “Ebrei polacchi: ieri, oggi, e forse domani”, rav Giuseppe Momigliano, rabbino capo di Genova, Ulrico Leiss de Leimburg, console onorario della Polonia, e il giornalista dell’UCEI Daniel Reichel. A introdurli, Laura Quercioli, docente di Letteratura polacca all’Università di Genova. Martedì 14 maggio il direttore della redazione UCEI Guido Vitale presenterà invece in università (Biblioteca Umanistica di Lingue, Piazza Santa Sabina 2, piano terra) Cold War di Paweł Pawlikowski (2018), capolavoro della cinematografia polacca e segno di un ritorno ebraico promettente ma difficile. A introdurre l’incontro, la professoressa Quercioli. Saranno mostrati brani del film, in lingua originale con sottotitoli.