Segnalibro – Nessuno ritorna a Baghdad
“Tutto è cominciato lì, a Baghdad, all’inizio del Novecento, o forse qualche millennio prima; a Baghdad dove Flora, Ameer e Violette sono rimasti giovanissimi e soli quando Norma, madre inquieta destinata a mutarsi in matriarca senza età, è partita prima di tutti gli altri, per inventarsi una nuova vita oltreoceano”. È Baghdad il luogo da dove il viaggio di Norma, la protagonista del nuovo libro della scrittrice e giornalista Elena Loewenthal, prende il via, e da dove inizieranno a muoversi via via tutti gli altri personaggi: tra New York, Gerusalemme, Madrid, fino all’Islanda, e poi Londra e Teheran. Una vicenda familiare che si incrocia con la storia delle prime persecuzioni degli ebrei negli anni Quaranta, in un arco temporale che dal 1944 giunge fino al 2019, abbozzando un (forse) 2020, un abbandono in incipit a cui si susseguono incontri e scontri tra i figli e la madre, mentre la vita scorre e la geografia del mondo trova spazio tra le pagine del libro attraverso i viaggi e i movimenti delle figure umane che lo compongono.
A presentare Nessuno ritorna a Baghdad (Bompiani, 2019), definito dall’autrice “un’opera di fantasia che attinge ai ricordi e alla generosità di chi racconta”, nei locali della comunità ebraica torinese, sono il presidente Dario Disegni e Livia Momigliano, ex docente della scuola ebraica. A riflettere sul significato del viaggio è Disegni, riprendendo alcuni passaggi tratti dal libro: “Un andare per tornare. Un partire per trovare. Tenere fra i denti un carta d’imbarco […] Lanciare una valigia sul treno sapendo prima di salire che per un infinitesimo di secondo verrà lo sgomento della separazione […] Viaggiare è soltanto fare provvista di ricordi, avere fame di nostalgia”.
Al macro-tema del viaggio si legano inevitabilmente altri temi, come la nostalgia, la diaspora, la vecchiaia, sottolinea Livia Momigliano. Una nostalgia “[…] Che non è desiderio di ritorno ma certezza che non tornerai”. Nostalgia di Baghdad che si fa profumo: “[…] Come il profumo dei gelsomini in fiore nell’aria: ti apre i polmoni e vorresti sentirlo per sempre, ma non fai in tempo a respirare che è già passato, come se non fosse mai esistito”. Ma bisogna abbandonare la nostalgia, imparando a “Guardare avanti e mai indietro”. È poi il tema della diaspora che fa capolino tra la narrazione delle vicende dei personaggi e le riflessioni dell’autrice che rendono la trama più simile alle tessere di un mosaico, dove le diverse componenti si affiancano e danno armonia all’insieme: “Siamo fatti così Violette. Noi ebrei arabi che veniamo da Baghdad […] Noi non siamo come gli altri, ebrei e no. Noi sappiamo che non si torna da dove si è venuti. Come Abramo, quando Dio gli dice: lekhl lekha, su, vai! Vattene lontano da qui, da questa tua e nostra terra […] Un piede davanti all’altro, cammina”.
Fantasia sì, ma anche vicende reali, spiega poi l’autrice, che racconta come l’idea stessa del romanzo abbia preso spunto a partire da una vera vicenda familiare.
“In questo libro – dice Loewenthal – ho cercato di abbandonare la mia personale propensione alla nostalgia preventiva costruendo le vicende dei miei personaggi che ho deciso di far partire da Baghdad ognuno all’inizio di un capitolo diverso”.
“Tuttavia non sono personaggi privi di radici: hanno radici aeree”, prosegue. E alla domanda sulla presenza di elementi autobiografici Loewenthal risponde così: “Ho cercato di raccontare quello che non riuscirò mai ad essere: senza radici fisiche, senza malinconia, senza guardarmi indietro. Quando scrivi in un certo senso metti dentro la trama i sogni incompiuti che hai”.
Alice Fubini
(22 maggio 2019)