Naturale o minerale

emanuele calòNaturale o minerale, era il dilemma posto da un risalente e fortunato sketch di Achille Campanile, che ora potrebbe, per vie traverse, tornare d’attualità. Sia in Italia che in Israele abbiamo assistito a fenomeni di violenza oppure di illegalità, variamente giustificati in nome delle passioni politiche di ciascheduno, col pretesto abbastanza inconsistente di difendere non solo i grandi princìpi, ma addirittura di far valere il diritto naturale. Vi è poco da aggiungere a quanto detto dal maggior giurista del secolo scorso: “Il bisogno di giustificazione razionale dei nostri atti emotivi è così grande che cerchiamo di giustificarlo rischiando l’autoinganno”; “Se si potesse venire a conoscenza dell’ordine assolutamente giusto, la cui esistenza è sostenuta dalla dottrina del diritto naturale, il diritto positivo sarebbe superfluo, se non addirittura insensato” (Hans Kelsen, General Theory of Law and State, Harvard University Press,1949, pp.8 e13). Il maggior difetto del diritto naturale, insomma, sarebbe quello di non esistere.
Mentre scriviamo, divampa la protesta per l’uccisione in Israele di un ragazzo etiopico o figlio di etiopici, da parte di un agente di polizia. Una protesta con violenze e incendi contro terzi, che nulla hanno a che fare con tale fatto luttuoso. Per convivere, la giustizia dev’essere delegata a soggetti terzi, un ordine di magistrati preposto ad affrontare e dirimere gli atti che contrastino con l’ordinamento giuridico. Certamente, per chi ha subito un lutto non è piacevole attendere i tempi della giustizia, col sospetto palese oppure sottaciuto, di una mancanza di terzietà, perché i giudici sono uomini e donne come noi, esposti anch’essi a pregiudizi e condizionamenti.
Tuttavia, non vi è altra alternativa che la guerra civile e la violenza indiscriminata, condizioni nelle quali non è ipotizzabile l’esistenza dello Stato e nemmeno quella di un corpo sociale purchessia. L’accusa, in questo caso, è quella, già mossa negli USA, di un atteggiamento razzista da parte delle forze dell’ordine. È legittimo domandarsi, però, se sia possibile che la polizia israeliana, che opera in un contesto dove vi sono un milione e mezzo di arabi, assieme ad ebrei e cristiani di tutte le possibili origini, sia così impreparata, ed è un quesito che, nel dubbio, farebbe propendere per una risposta negativa.
Inoltre, mettere a ferro e fuoco il Paese comporta l’insensato ricorso ad una violenza indiscriminata per opporsi alla violenza indiscriminata. Qualche cosa non va, quando si arriva a tanto, e una delle cause potrebbe essere rinvenuta sia nell’indulgenza verso l’illegalità, che costituisce ormai una piaga delle società democratiche, sia nell’insofferenza fomentata da pensieri qualunquisti che, corrodendo le basi della vita civile, costituiscono quella miscela esplosiva che tanti neofascisti attendevano per giustificare i loro palesi culti pagani.

Emanuele Calò, giurista