Maturità senza storia

anna segreScusate se torno su questo argomento adesso, quando ormai nessuno più pensa alla scuola, ma per correttezza non potevo parlarne prima della conclusione degli esami di stato. Temo che i firmatari dell’appello contro l’abolizione del tema storico alla maturità abbiano peccato di eccessivo ottimismo: il problema non è il tema storico (che tanto non era scelto quasi da nessuno) ma proprio la storia; il fatto è che per diplomarsi (anche con voti alti) nella scuola superiore italiana di oggi (in un qualunque ordine di scuola, compresi i licei) conoscere la storia non è affatto necessario.
Non è una novità di questa maturità: ogni anno ci sono tre materie (o coppie di materie) affidate a commissari esterni, che sono stabilite dal Ministero, e tre affidate a commissari interni scelti dai Consigli di Classe. Dunque, ogni volta che la storia non è affidata a un commissario esterno (circa un anno ogni due), in realtà può benissimo non esserci. E dal momento in cui gli allievi vengono a sapere che all’esame tra i commissari non ci sarà un insegnante di storia, sostanzialmente smettono di studiarla e dunque le loro conoscenze si fermano più o meno alla prima guerra mondiale. Be’, si dirà, ma il commissario di italiano (unica materia che ci deve essere per forza) è pur sempre una persona abilitata ad insegnare la storia, anche contemporanea, in alcuni ordini di scuola, dunque potrà interrogare di storia. Certo, può (anzi, probabilmente deve) interrogare; che poi gli allievi rispondano è un altro discorso; e che le non risposte di storia contino qualcosa per una commissione di sette persone in cui ciascuno sostanzialmente guarda alla propria disciplina è ancora un altro discorso.
In verità occorre dire che il problema non riguarda solo la storia e che, comunque, anche la presenza di un commissario esterno non sarebbe di per sé una garanzia: per come è strutturato l’esame di stato (in cui basta totalizzare in qualche modo almeno 60 punti per essere promossi) in effetti non c’è nulla che un allievo debba per forza a sapere o a saper fare, neppure nelle discipline considerate fondamentali: basta sapere o saper fare tutto il resto e ci si può permettere il nulla da qualche parte senza troppi problemi.
Resta il fatto che la storia, a quanto mi risulta, non è percepita come una disciplina fondamentale in nessun ordine di scuola: nei licei classici le materie caratterizzanti sono il greco e il latino, in quelli scientifici sono la matematica e la fisica, in quelli linguistici sono le lingue straniere, ecc. (si noti, per inciso, che secondo questa logica – in base alla mia esperienza ampiamente diffusa – anche l’italiano non è mai tra le materie fondamentali). Se vi aspettate che un insegnante di matematica salti sulla sedia sentendo che un allievo non sa nulla di cosa sia stato il fascismo o che un insegnante di greco si scandalizzi perché qualcuno sembra non aver mai sentito parlare della Resistenza o della Repubblica di Salò rischiate di rimanere delusi. A volte ho quasi il sospetto che la storia importi solo agli ebrei, o forse solo a certi ebrei radical chic che stanno diventando una minoranza anche nel mondo ebraico.
Invece nelle tracce proposte per la prova di italiano di quest’anno la storia c’era eccome: da Ungaretti alla mafia, da Bartali al Novecento, dalle bombe nucleari ai beni culturali come legame tra passato, presente e futuro; praticamente non c’era nemmeno una traccia che non presupponesse un minimo di conoscenza storica. Verificata da chi?
Inoltre da quest’anno il colloquio orale prevede anche una parte di Cittadinanza e Costituzione (quella che un tempo si chiamava educazione civica): a chi spetta il compito di interrogare su questi temi? Chi ha le competenze per valutare le risposte se nella commissione non è presente un insegnante di storia e filosofia o di diritto? Inutile dire che si tratta di questioni delicatissime, in cui, in assenza di competenze accertate, i rischi di voti assegnati in base a simpatie o antipatie ideologiche diventano enormi.
Ho l’impressione che tra i molti campanelli d’allarme suonati in questi mesi sia passato inosservato quello più grave di tutti.

Anna Segre, insegnante