Il giudice e il pensiero ebraico
Il Misrad ha-Mishpatim, Ministero della Giustizia d’Israele, ha pubblicato per diversi anni articoli di commento alle Parashot della settimana, sviluppando interessanti confronti tra norme e principi della legge ebraica con quelli espressi nella legislazione e nel diritto dello Stato d’Israele. In un articolo del giudice Filip Marcus, dedicato alla Parashà di Balak, partendo da alcune riflessioni dei Maestri relativi al personaggio del veggente Bil’am, considerato esempio particolarmente negativo di smodata ambizione di ricchezze e di onori, che conducono alla rovina una persona addirittura dotata dal Signore di potenzialità profetiche, vengono riportati alcuni notevoli insegnamenti su quello che è invece, in senso positivo, il dovere di rispetto – kavod – che dobbiamo al prossimo. Su questo argomento vengono citati nell’articolo del giudice Marcus alcuni pensieri particolarmente significativi espressi da rav Shimshon Refael Hirsh in una delle sue opere dedicate all’illustrazione del pensiero ebraico.
Ne riporto alcuni passaggi che sono di costante attualità:
“Onora ogni persona che è presso di te e attorno a te come creatura di D.O, considera tutto ciò che gli appartiene come qualcosa che gli è stato affidato dal Signore; onora l’identità astratta e invisibile di ogni persona nella forma in cui essa si manifesta attraverso la sua veste fisica e la sua essenza vitale, nonché nei sui beni materiali che possono essergli cari come il suo corpo. Rispetta il suo diritto a vedere mantenuti gli impegni che hai assunto nei suoi confronti, nel lavoro, nel commercio, nell’attenzione verso gli oggetti di sua proprietà, nel risarcimento di danni di cui sei responsabile, direttamente o indirettamente. Rispetta la sua esigenza di verità, il suo diritto alla libertà, alla gioia di vita e alla serenità. Non sfruttare mai le sue debolezze fisiche, gli aspetti più incerti del suo carattere e il suo animo prostrato, non utilizzare mai per fini disonesti il potere e l’autorità che ti sono riconosciuti.”
Giuseppe Momigliano, rabbino capo di Genova