La via da percorrere
In questo periodo dell’anno rinnoviamo il triste ricordo della distruzione del Santuario. Uno dei significati sempre attuali, legato a tale evento, ci viene proposto da un episodio di quei giorni narrato nel Talmud (Talmud B. Ghittin 56). Si racconta che, nell’infuriare dell’assedio posto dai romani a Yerushalaim, uno dei grandi Maestri, Rabbi Yochannan ben Zakkay, già allievo di Hillel, era ben consapevole dell’imminente disfatta, sia per la preponderante forza nemica, sia per le gravi responsabilità della leadership ebraica, che rappresentava fazioni accecate dall’odio reciproco, preoccupate più di rivaleggiare fra di loro che di difendersi dai romani e incapaci di sostenere un progetto che non fosse il rifiuto categorico di qualsiasi trattativa col nemico. In tale frangente, Rabbi Yochannan ben Zakkay progettò e mise in atto un’ardita operazione, attraverso la quale intese porre le basi per il futuro del popolo ebraico dopo la distruzione, ormai inevitabile, del Santuario. Le truppe di Roma cingevano la città con un impenetrabile assedio, anche i comandanti della resistenza ebraica in Gerusalemme vietavano qualsiasi fuoriuscita dalla città che potesse essere interpretata come un segno di resa, l’unica eccezione che veniva concessa per l’apertura di un varco era il passaggio di un feretro destinato ad essere sepolto fuori dalle mura di Gerusalemme. Rabbi Yochannan ben Zakkay si fece pertanto trasportare fuori dalla città sotto le sembianze di un defunto, riuscendo a superare indenne il controllo delle guardie romane che, richiamate sulla gravità di compiere scempio sul corpo di un defunto, rinunciarono al proposito di trafiggerlo per accertarsi che si trattasse effettivamente di persona deceduta. Il racconto del Talmud narra poi che Rabbi Yochannan ben Zakkay si presentò al comandante romano, Vespasiano, attribuendogli il titolo regale; di fronte alla reazione stupita del condottiero, Rabbì Yochannan gli preannunciò che ben presto sarebbe stato proclamato imperatore, cosa che infatti si verificò di lì a poco. Sempre dal racconto del Talmud, apprendiamo come Vespasiano, per ricompensare il Maestro dell’onore attribuitogli preventivamente, lo invitò a formulare una richiesta, con l’esplicita promessa di esaudirla. La narrazione, che fino a questo punto può apparire aneddotica, assume ora il rilievo di uno squarcio lungimirante rivolto al futuro, Rabbi Yochannan ben Zakkay, consapevole dell’immane sconvolgimento che avrebbe determinato nelle coscienze, nell’identità, forse nella stessa fede del popolo ebraico la perdita del Santuario, fece l’unica richiesta dalla quale era fermamente convinto dipendesse il futuro del suo popolo: un luogo sicuro, protetto dalla furia distruttiva del nemico, ove potesse proseguire liberamente lo studio, vivo e intenso della Torà, un luogo dal quale i Maestri, i Chakhamim, seguendo i metodi di interpretazione avviati da Hillel e da altri sapienti, avrebbero saputo indicare al popolo ebraico “la strada da seguire e le azioni da compiere” per continuare a guardare al futuro. Tale località, concessa a Rabbi Yochannan da Vespasiano, era il villaggio di Yavneh, dove infatti si sarebbe spostato il Sinedrio dopo la distruzione di Gerusalemme.
La scelta di Rabbi Yochannan ben Zakkai ha un valore emblematico e permanente, che riguarda anche noi: la garanzia del futuro per il popolo ebraico è posta nello studio della Torà. È un percorso che significa lavoro faticoso ma affascinante sui testi, ricerca e approfondimento, un percorso che non teme affatto di confrontarsi con i problemi del presente, con le sollecitazioni, con le inquietudini e le angosce dei nostri giorni, per cercare risposte, non ricorrendo all’arbitrio di soluzioni prive di fondamento bensì attraverso i metodi rigorosi di interpretazione che hanno elaborato i Maestri.
Nel tempo di incertezze che stiamo vivendo, lo studio di Torà, impegnativo di scelte di vita dei singoli ebrei, delle famiglie e delle Comunità ebraiche, può, come ai tempi di Rabbi Yochannan ben Zakkai, aprirci un varco verso il futuro e indicarci “la via da percorrere e le azioni da compiere”.
Rav Giuseppe Momigliano, rabbino capo di Genova
(31 luglio 2019)