La legna e i trucioli

Giorgio BerrutoQuando si taglia la legna, si fanno anche trucioli. Che in un contesto di guerra necessaria – necessaria solo nella misura in cui è difensiva – come quella che lo stato di Israele combatte da oltre settant’anni, significa: anche prendendo le massime precauzioni possibili, gli errori, le ingiustizie e i crimini sono dietro l’angolo. In generale perché non dipende (solo) dai soggetti coinvolti ma (anche) dall’azione che li eccede, la guerra appunto, come i trucioli sono conseguenza non voluta ma inevitabile dell’azione di colpire i ciocchi con l’ascia. Se le ingiustizie sono inevitabili, d’altra parte, non per questo sono anche giustificabili. La guerra, con buona pace di una tradizione eterogenea che va da Eraclìto a Marinetti, è soprattutto il disfacimento delle regole che governano la civile convivenza.
Waterloo descritta da Stendhal nella Certosa di Parma, come Austerlitz e Borodino in Guerra e pace di Tolstoj, non sono campi in cui individuare le strategie dei generali, neanche dei più illustri, ma esempi di caos in cui perfino orientarsi è impossibile; a essi si può accostare l’Israele in guerra immediatamente dopo la proclamazione dell’indipendenza, ritratta da Yoram Kaniuk in 1948 (Giuntina), un libro in cui protagonista assoluta è la confusione e i suoi corollari irrazionalità e atrocità. Il caos è la sostanza della guerra anche quando viene coperto, in superficie, da un manto leggero di ordine, come nei magistrali movimenti di truppe di Kurosawa nei film ambientati nel Giappone medievale oppure nel secondo dialogo del capolavoro di Abraham B. Yehoshua, Il signor Mani (Einaudi), in cui a Creta assistiamo alla scena magnifica e terribile del planare inatteso dal cielo dei paracadutisti tedeschi. La guerra caos è motivo centrale anche nell’effervescente cinema israeliano contemporaneo; per esempio nel film Lebanon, diretto nel 2009 da Samuel Maoz, che racconta il conflitto in Libano del 1982 attraverso gli occhi di un gruppo di soldati israeliani chiusi all’interno di un carro armato. Il punto di vista sull’esterno – che è anche quello dello spettatore per tutta la durata della pellicola, tranne nelle scene che mostrano l’ambiente claustrofobico e cupo dell’interno del mezzo corazzato e nel finale – coincide con il mirino della bocca da fuoco.
Forse chi decide quale e quanta legna vada tagliata dovrebbe pensare prima a quali e quanti trucioli verranno prodotti. D’altra parte i protagonisti del libro di Kaniuk e del film di Maoz non sembrano simili al boscaiolo metodico, ma a ciechi che colpiscono a caso nel folto del bosco. Insegnano che, quando si taglia la legna, non si fanno anche, bensì soprattutto trucioli. Questa frase è di chi scrive, quella originale un diffuso proverbio russo. Stalin lo citava sovente.

Giorgio Berruto