La terra senza porte
Da motzaè shabbath del 14 settembre alla sera del giorno dopo si svolgerà per la prima volta a Barletta la Giornata Europea della Cultura Ebraica.
La Puglia è stata terra di forte ebraismo e Barletta non era un’eccezione; il noto ebraista Fabrizio Lelli (docente presso l’Università del Salento) scrive che “Barletta vantava nel Medioevo una comunità ebraica talmente numerosa che spesso essa veniva esclusa da votazioni che riguardavano decisioni amministrative perché – dicevano – i barlettani sono tutti ebrei”.
Nel 1442 gli Ebrei di Trani e Barletta consegnarono ad Alfonso I d’Aragona (salito al trono con la fama di amico e protettore degli ebrei) la cospicua somma di 250 ducati; nel 1456 Alfonso I sottrasse la popolazione ebraica del territorio alla giurisdizione vescovile e nominò l’ebreo Francesco Martorel baiulo competente per tutte le cause civili e penali riguardanti gli ebrei, stabilendo che essi rispondessero del loro operato esclusivamente a Martorel.
Gli ultimi anni del sec. XV furono ebraicamente intensi per la Puglia, data la venuta del filosofo e rabbino portoghese Isaac Abravanel il quale, dopo la conquista francese di Napoli, seguì Ferdinando II a Messina ma passò anche da Barletta (ivi fondò il Banco Feneratizio), Trani e nel 1496 Monopoli.
Il 1503 fu un anno cruciale per il territorio conteso tra Francia e Spagna, su Barletta si giocarono interessi geopolitici ma anche sapienti calcoli cabalistici per una imminente fine dei tempi; la famosa Disfida del 1503 potrebbe significare ben altro che un impressionante certame cavalleresco.
Scrive il prof. Lelli: “Il 1503 era l’anno in cui, per gli ebrei, si sarebbe manifestato il Messia e sarebbe arrivato proprio sulle coste pugliesi. Si pensava che quello sarebbe stato l’anno del conflitto escatologico che avrebbe posto fine alla supremazia cattolica per lasciare spazio al popolo ebraico che avrebbe dominato sul mondo. Ciò portò a momenti di follia generale, con gente che si dichiarava Messia e puntualmente finiva in carcere o riusciva a evadere e raggiungere Costantinopoli”.
Da Manfredonia di Malki Zedeq e delle accademie talmudiche a Trani delle quattro sinagoghe (la Repubblica di Venezia ne aveva cinque) sino a Taranto che estraeva dai mitili il petil teqeleth dei tallitoth; la Puglia, “terra senza porte” come ci ricorda la sua radice greca (A–pyle con alfa privativo, latino Apuliae), era la frontiera occidentale dell’ebraismo diasporico.
Conversioni forzate e persecuzioni decimarono la presenza israelitica del territorio, minandone la continuità sociale, culturale e religiosa; per coloro che si assoggettavano al battesimo fu coniata l’espressione “cristiani novelli”, quasi un benvenuto ai neofiti nella nuova comunità religiosa e sociale ma in realtà essi rimasero sempre distinti agli occhi dei cristiani e, al minimo segno di subbuglio, erano prontamente additati come doppiogiochisti o accusati di tradimento.
I cristiani novelli rimasero sostanzialmente emarginati sia dalla maggioranza cristiana (ritrosa nell’accettarli) che dalla minoranza ebraica (che vedeva in loro degli apostati); alla fine del sec. XV le Università (antico nome delle città) di Barletta e Molfetta accolsero da Trani numerosi neofiti di agiata posizione economica che la nobiltà tranese mal gradiva nel proprio territorio.
Dopo l’espulsione dai territori spagnoli decretata nel 1492 dalla regina Isabella, le comunità ebraiche del Mezzogiorno resistettero sino al 1541, allorquando un editto di Carlo V pose fine senza ulteriori deroghe alla presenza ebraica nel Meridione.
Di ebraico a Barletta non è rimasto quasi nulla; l’antica via del Cambio (oggi corso Cavour), imprecise informazioni su una sinagoga in via Pisani (presso la chiesa di S. Andrea), una diffusa onomastica ebraica da Del Vecchio (ossia “Della prima cacciata dalla Spagna dei Mori”) a Santoro, Bonelli, Amodio, Vitrani (ossia “da Trani”), Dellisanti sino ai cognomi iberici che iniziano per “Lo”; dulcis in fundo, la voluminosa produzione ebraistica di Cesare Colafemmina e, più recentemente, due belle – e abbandonate – tombe di partigiani ebrei montenegrini sepolti nel Sacrario del locale Cimitero.
Gli ebrei tornarono a Barletta dopo la Seconda Guerra Mondiale ma questa è un’altra storia; migliaia di sopravvissuti ai Campi di sterminio del Terzo Reich si riversarono sulle coste pugliesi tra Barletta (presso Caserma Stella, nella foto), Trani (presso Caserma Lolli), Bari (ivi sino al 1950 si stampava un giornale in lingua yiddish) e Santa Maria al Bagno in attesa di imbarcarsi per la più affascinante impresa del popolo ebraico nel Novecento ossia la nascita dello Stato d’Israele.
Per quanto possa essere studiato e vissuto, talora sembra che l’ebraismo rimanga ancora in gran parte segreto, come scrigno pieno di tesori che si apre con esasperante lentezza nel corso dei secoli; tale “lentezza” è in realtà una linea temporale che non procede orizzontalmente ma in profondità.
L’ebraismo non ha costruito cattedrali nello spazio ma nel tempo, non vegeta tra le pietre ma cammina sulle gambe degli uomini; le pietre crollano, il popolo ebraico no.
La vita ebraica di Puglia è andata diversamente rispetto alle sue splendide premesse ma non è mai troppo tardi; la Storia degli uomini non è fredda sommatoria di eventi cronologicamente contigui ma è un organismo vivente che inciampa, cade e si rialza più determinato di prima.
A Barletta in pochi anni sorgerà su un’area di mq 10.000 la Cittadella della Musica Concentrazionaria (progetto dall’architetto Nicolangelo Dibitonto), opera di restauro e riqualificazione dell’ex Distilleria che soltanto pochi anni fa sarebbe stato folle concepire; ci sarà molto di ebraico nella Cittadella, dal Polo Nazionale della Musica Ebraica (progetto nato nel 2014 su richiesta dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane) al Centro Studi Ebraici annesso al Polo, la Collezione Roberto Malini contenente 180 disegni e quadri di artisti ebrei deportati o perseguitati (donati da Malini alla Fondazione Istituto di Letteratura Musicale Concentrazionaria e destinati al Thesaurus Memoriae Museum della Cittadella) sino a tutta la musica scritta da ebrei in Ghetti e Lager dal 1933 al 1945.
La Cittadella accoglierà altresì la musica scritta da chiunque abbia conosciuto anche un sol giorno di cattività e prigionia civile o militare, la musica scritta nei Gulag dal 1919 (primo Gulag nelle Isole Solovki) al 1958 (scarcerazione dell’ultimo musicista imprigionato a Vorchuta, il lettone Janis Licitis), migliaia di documenti e manoscritti, 400 ore di interviste e altro ancora; e questo, sì, è molto ebraico.
Barletta non si è lasciata sfuggire una irripetibile occasione storica e un immenso progetto che non vuole contare gli anni ma i secoli; portare a Barletta la Giornata Europea della Cultura Ebraica è anche un modo per dire alla città “todà rabà”.
E questo è soltanto l’inizio.
(Nell’immagine profughi ebrei a Barletta – foto di Michelangelo Filannino)
Francesco Lotoro
(11 settembre 2019)