Faremo, sogneremo ed ascolteremo

sara valentina di palmaSogni. Una scala verso il cielo. Appunti sulla ventesima Giornata Europea della Cultura ebraica.
Ricorda rav Gadi Piperno – aprendo il convegno pisano svoltosi nel pomeriggio di domenica 15 settembre – dal trattato di Berakhòt del Talmud babilonese, foglio 55a: “E disse ancora Rav Chisdà: un sogno che non è stato interpretato è come una lettera che non è stata letta”. Con qualche precauzione nella lettura del sogno, perché non sempre si è in grado di interpretare – e farlo con ingenuità, come Yosef con i fratelli in merito ai sogni dei covoni che si inchinavano al suo e delle stelle che si prostravano a lui, può decretare risentimento ed influenzare negativamente il proprio destino.
Scrive infatti rav Roberto Colombo in Sognare e sapere: la funzione del sogno è cercare di comprendere la realtà, ma anche riparare i torti e fare chiarezza, nonché essere assistiti dal Signore nel processo di chiarificazione, perché i veri artefici della nostra esistenza siamo noi (Sovera Edizioni 2013, p. 11).
Dunque il sogno, che nel Talmud è ritenuto valere un sessantesimo della profezia, anche se veritiero contiene elementi falsati e viceversa; dovrebbe essere interpretato, ma con la dovuta cautela rispetto alle sue ambivalenze, e tenendo sempre presente che esso è un invito a fare teshuvà.
Riflettevano su quanto stavano vivendo sin dal 1933 i sognatori intervistati da Charlotte Beradt? Comprendevano la pervasività del regime nazista che arrivava a turbare il sonno e plasmare gli incubi, spesso premonitori e riflesso rielaborato delle esperienze che il nazismo aveva iniziato a mettere in atto? Alcuni tra essi: una donna sogna di vedere vocaboli vietati da pronunciare, ultimo dei quali la parola ‘io’; una ragazza sogna di non riuscire più a parlare da sola ma unicamente in coro; la figlia di un ex comunista sogna di avere in pagella voti ottimi ma al contempo insufficienti perché ‘antistatali’; una casalinga novella Penelope sogna di scucire ogni notte la svastica dalla bandiera nazista per ritrovarla di nuovo ben cucita tutte le mattine; un uomo sogna di ridere alla vista del cinegiornale in cui appare un tronfio gerarca, salvo poi apparire al suo fianco come suo vice; un avvocato ebreo decorato per merito nella Grande guerra sogna di avere il biglietto per un concerto ma di trovare al suo posto un’altra persona con il biglietto giusto, mentre scopre di stringere tra le mani un inutile pezzo di carta (Charlotte Beradt, Il Terzo Reich dei sogni, Einaudi 1991).
Viceversa, vivere coltivando i propri sogni può aiutare a resistere in situazioni di stress, come ha testimoniato il resistente Marek Edelman in C’era l’amore nel ghetto (Sellerio 2009): anzi non solo c’era amore nel ghetto, ma era proprio questo che aiutava a sopravvivere. Il chassidismo con la sua gioia mistica per l’immanenza del Signore nel mondo, come risposta alla dura ed opprimente vita degli shtetl polacchi; il volo degli innamorati ritratti da Marc Chagall e tutti i suoi violinisti sul tetto: altre strategie di sopravvivenza. Del resto, anche il feto sogna dal settimo mese di vita in utero, così come il bambino nato prematuro, per il quale i sogni sono un meccanismo di difesa in caso di distress respiratorio (Daniela Marenco, Sonno, sogno e vita intrauterina, in Psicoanalisi e scienza, marzo 2007).
Ancora: quello che nel mondo anglosassone è noto come mind-wandering, ovvero il sogno ad occhi aperti, in passato visto soprattutto negativamente come evasione dalla realtà con riflessi nocivi sull’umore, è stato rivalutato in anni recenti, analizzandone la capacità di attivare ricerche fantasiose e soluzioni creative ai problemi, ai desideri e agli obiettivi vissuti nel reale (B.W. Mooneyham, J.W: Schooler, The costs and benefits of mind-wandering: A review, “Canadian Journal of Experimental Psychology/Revue canadienne de psychologie expérimentale”, 67,1, 2013, pp. 11-18).
Come dire: faremo, sogneremo ed ascolteremo. E ogni volta che riusciremo a sognare, vedremo una terra stillante latte e miele invece di un mondo divorato da giganti.

Sara Valentina Di Palma