La formazione dei giuristi

emanuele calòApprendiamo che il Comitato direttivo della Scuola Superiore della Magistratura, nell’ambito della programmazione mirata ad una regolazione dell’offerta formativa anche in rapporto all’attualità dei fenomeni di rilevanza giudiziaria, ha deliberato di procedere alla organizzazione di un corso straordinario su “Le disposizioni penali in materia di neofascismo, negazionismo e crimini d’odio”.
Si tratta di una pregevole iniziativa, che però si rivela assai delicata. Abbiamo notato come alcune sentenze in materia si situino in un’area ideale che difficilmente saprebbe essere ascritta alla legittimità o al merito. Non si tratta, per dire, di verificare se Tizia o Tizio abbiano posto in essere una determinata azione e di stabilirne le conseguenze, oppure di verificare se siffatta fattispecie concreta possa essere sussunta senza scarti nell’ambito di una fattispecie astratta delineata dall’ordinamento giuridico.
Piuttosto, entrano in giuoco considerazioni che, oltre a non poter rientrare agevolmente nella legittimità o nel merito, con altrettanta difficoltà potremmo ascriverle al fatto notorio.
Trattasi – ne abbiamo disquisito in un convegno con un membro del CSM ed un sottosegretario alla giustizia – di quelle nozioni storiche, sociologiche ed economiche che ormai sono sovente distorte disinvoltamente, non tanto per mala fede quanto per carenza di idee chiare su argomenti che un tempo appartenevano alla cultura generale e che attualmente dovrebbero essere appannaggio di coloro che, oltre ad essere degli specialisti della materia, siano noti per serietà ed equilibrio. È irriverente dirlo, ma non è raro che nei mass media, la richiamata serietà sconfini nella più scoperta ignavia.
Tutto ciò per dire che se la guerra è troppo seria per affidarla ai soli generali (il copyright sarebbe di Georges Clémenceau), il diritto e la giustizia sono, anch’essi, troppo seri per affidarli a quei giuristi che non siano contaminati di quella preparazione necessaria a contestualizzare la fattispecie concreta. Non occorre essere onniscienti, basterebbe la consapevolezza di doversi orientare in terreni scomodi, impervi e disseminati di tranelli dialettici.

Emanuele Calò, giurista