La speranza sotterrata
nella piantagione di Buxton

lotoro okOgni ebreo sulla Terra sa cosa sia l’HaTikva, canto del popolo ebraico (dal 1948 inno dello Stato d’Israele) su testo scritto nel 1877 dal galiziano Naftali Herz Imber (il titolo originale era Tikvatenu, “nostra speranza”) e messo in musica nel 1888 dal rumeno Samuel Cohen.
La melodia affonda le sue radici nei secoli ma la somiglianza più evidente è quella con il tema del poema sinfonico Vltava di Bedřich Smetana; anni fa la celebre cantante italiana Milva, durante un concerto ad Alessandria d’Egitto, stava eseguendo una sua canzone sul tema della celebre Vltava, il pubblico egiziano – scambiandolo per l’HaTikva – si lasciò andare a fischi e proteste tali da costringere la cantante a interrompere il concerto.
L’HaTikva fu largamente usata nella produzione musicale ebraica in cattività e deportazione durante la Seconda Guerra Mondiale; nel maggio 1942 a Theresienstadt Hugo Löwenthal (1875 – 1942) compose “Traditionelle Weisen für Pesach, Schwuas und Sukkot”, due quaderni di canti ebraici adattati per violino e fisarmonica (Löwenthal morì a Majdanek un mese dopo).
Alla fine di ogni quaderno Löwenthal inserì l’HaTikva ma la versione del primo quaderno è molto interessante, simile soltanto nelle prime due battute alla versione conosciuta; eppure è indubbiamente l’HaTikva, il respiro della frase è il medesimo.
Tra l’internamento a Westerbork e il successivo trasferimento a Bergen–Belsen il chitarrista e compositore ebreo olandese Robert Emmanuel Heilbut (1919 – 1945) stese nel suo Muziekboekje una collezione di 40 pezzi (ne sono pervenuti 31) per organici diversi; al n. 21 del Muziekboekje compare l’HaTikva per coro maschile nella diffusa versione precedente la fondazione dello Stato d’Israele (l’ultimo verso recita “l’ir bah David chanah”).
Heilbut fu trovato morto di asfissia presso le miniere carbonifere di Tröbitz in un vagone (piombato dall’esterno) dell’ultimo treno tedesco che lasciò Bergen–Belsen per Berlino; il suo corpo fu riportato a Bergen–Belsen, ivi il suo nome è citato al n. 43 del Gedenkboek.
Nel 1944 le donne ebree deportate italiane di Birkenau crearono diverse parodie dell’inno (in lingua italiana, come era uso all’epoca); Settimia Spizzichino e Frida Misul ci tramandarono due versioni simili nella prima parte, nella seconda la Misul trasformò l’inno in preghiera con l’Amen finale.
L’HaTikva è l’inno eseguito da centinaia di sopravvissuti durante le concitate fasi della liberazione da parte delle truppe Alleate, da Buchenwald a Bergen–Belsen e Ravensbrück, conserviamo diverse registrazioni fonografiche di esecuzioni corali estemporanee dell’inno ebraico per eccellenza; ma è anche l’inno che nel giugno 1967 i soldati israeliani intonarono non appena arrivati al Kotel dopo aver riconquistato Gerusalemme Est nella Guerra dei Sei Giorni.
Un filo rosso della Storia lega la liberazione dei Lager a quella di Gerusalemme; possono anche esserci punti di vista diversi ma, nei frangenti esistenziali più sensibili, drammatici ed epici del popolo ebraico, un fiume plurisecolare di musica riaffiora in superficie e l’HaTikva è il primo getto d’acqua.
film loNel film di Frank Darabont Le Ali della libertà [The Shawshank Redemption], nella lettera che sotterrò nella piantagione di Buxton (foto) dopo essere fuggito dal carcere di Shawshank, Andy Dufresne scrisse: “La speranza è una cosa buona, forse la migliore delle cose; e le cose buone non muoiono mai”, fiducioso che un giorno il suo compagno di prigionia Ellis ‘Red’ Redding potesse leggerla.
È vero, la speranza è la migliore delle cose; con la speranza, il popolo ebraico ha persino creato una lingua (Esperanto), uno Stato e il suo inno ma non senza prima averne spremuto in deportazione l’intero succo della materia melodica (i Campi ci consegnano arrangiamenti per archi, ensemble di fiati, cori misti) e averla parodiata nelle versioni più impensabili (persino a più strofe, come nella stesura originale del testo di Imber).
Nel momento apicale della creazione e dell’ingegno, la musica è capace di declinare contemporaneamente passato, presente e futuro; la memoria storica compie pressoché il medesimo percorso declinando il primo nel tempo del secondo per consegnarlo al terzo.
Il motore di ricerca di musica e memoria è l’uomo con la sua incredibile capacità di solidificare visioni, consegnare ai posteri Testamenti del cuore e dell’intelletto, lanciare nello spazio/tempo dell’immaginario sonde di materia musicale nella speranza che siano captate e decifrate da altri esseri viventi.
Appunto, l’HaTikva.

Francesco Lotoro

(26 settembre 2019)