La cultura della parola

roberto della roccaIl rigore della legge ebraica sull’uso che l’uomo deve fare della parola può sembrare davvero eccessivo e lontano in una società sempre più caratterizzata da uno scarso autocontrollo verbale e da un linguaggio sregolato. Le parole sono pietre e possono far molto male soprattutto in una comunità come la nostra in cui la comunicazione verbale è parte così importante del quotidiano.
L’uso incontrollato della parola, per usare le parole dei Maestri, può distruggere una Comunità come può distruggere il mondo poiché ogni uomo è un microcosmo.
Non è certo casuale che in una certa tradizione filosofica ebraica l’uomo venga indicato come “medabbèr” “colui che parla” poiché è l’uso della parola che distingue l’uomo dalle altre creature. Il linguaggio è l’espressione dell’essenza dell’uomo e quando questo diventa espressione di rancore e malanimo si perde il senso della propria peculiarità.
“Kechu’ immachem devarim veshuvu el A.”
“Prendete con voi parole e tornate al Signore…”, dice il Profeta Osea (14; 3) nella Haftarà di Shabbat Teshuvà il primo Shabbat dell’anno nuovo, lo Shabbat fra Rosh Hashanà e Kippùr.
La Teshuvà, il pentimento, incomincia dalla parola, e la cultura della Torah, la cultura ebraica, è la cultura della parola.
Solo se sapremo usarla nel modo giusto avremo la chiave per costruire una comunità e una società basata sul rispetto concreto dell’altro.
Il momento del Din, del Giudizio, riguarda anche e direi, soprattutto, questa area sconfinata del nostro comportamento verso il nostro prossimo, e occorre quindi che con attenta sensibilità e con ferma determinazione ciascuno di noi passi al vaglio della coscienza, in vista dello Yom HaKippurìm che segue, il proprio operato, ripromettendosi nella cornice sacra del Rosh Hashanà di emendarlo e di modificarlo, laddove occorra, anche in maniera rivoluzionaria.
Solo se così faremo, potremo attendere con fiducia e serenità lo Yom selichà umechilà vekapparà, il giorno del perdono, della remissione e dell’espiazione, per far si che termini il vecchio anno con le sue sventure ed inizi il nuovo anno con le sue benedizioni.
Shanà Tovà umvorechet

Rav Roberto Della Rocca, direttore Area Formazione e Cultura UCEI
e rabbino di riferimento della Comunità ebraica di Venezia