Siria, continuano i raid turchi
“È il suicidio dell’Occidente”

rassegnaCon il passare delle ore si aggrava la situazione dei curdi nel nord della Siria, dove si sta concentrando l’attacco deciso dal presidente turco Erdogan. Il suo obiettivo, scrive l’inviato del Corriere Lorenzo Cremonesi, è quello “di eliminare il Rojava (territorio sotto controllo curdo e strappato all’Isis) nel suo complesso, una volta per tutte”. Mentre sono già 200mila gli sfollati (Repubblica), l’Europa si sta organizzando per rispondere all’operazione turca, avviata con il benestare del presidente Usa Trump. Già cinque i Paesi europei che hanno deciso di fermare la vendita di armi ad Ankara: Olanda, Norvegia, Finlandia e da ultimo, ieri, la Germania e la Francia. E anche l’Italia sembra propensa a seguire la stessa strada. Lo ha annunciato il ministro degli Esteri Luigi Di Maio: “Lunedì al Consiglio Ue del ministri degli Esteri, come governo, chiederemo che tutta l’Ue blocchi la vendita di armi alla Turchia”, spiega La Stampa, che ospita un editoriale del filosofo francese Bernard-Henri Lévy. Per Lévy quanto accade in Siria rappresenta “il suicidio dell’occidente” e ricorda come i curdi siano stati fondamentali nella lotta contro l’Isis, che ora potrebbe rialzare la testa. “L’Europa accetterà il fatto compiuto? Ci renderemo complici dell’abbandono senza precedenti di un popolo amico e in lotta per la nostra libertà?”, si chiede il filosofo.

Profughi, risposte forti e comuni. “L’Europa deve favorire la stabilizzazione politica. Non ci lasci soli sui profughi”. Lo afferma il ministro dell’Interno Luciana Lamorgese in un’ampia intervista rilasciata al Corriere. “L’intensificazione dei flussi migratori che stanno mettendo in crisi i Paesi della frontiera orientale richiede un approccio europeo solidale: non possono essere lasciati soli gli Stati più esposti”, sottolinea Lamorgese che torna a sostenere il patto raggiunto a Malta alcune settimane fa per la redistribuzione automatica dei profughi tra i diversi paesi Ue ma che fatica a trovare le adesioni necessarie.

Roma e la marcia della Memoria. Comunità ebraica di Roma e Sant’Egidio hanno ricordato con la tradizionale marcia silenziosa il rastrellamento del Ghetto del 16 ottobre 1943, quando 1.023 ebrei furono deportati nei Lager nazisti. “L’antisemitismo minaccia ancora l’Europa, questa è una marcia di consapevolezza. Il messaggio è che fare memoria oggi è reprimere con gli strumenti giuridici questi fenomeni”, afferma al Corriere la presidente della Comunità ebraica di Roma Ruth Dureghello. Su Repubblica Pino Corrias riflette invece sui parallelismi tra l’attentatore neonazista di Halle – per cui gli ebrei sono “la radice di tutti i guai del mondo” – e il neofascista italiano Luca Traini, che a Macerata attaccò dei migranti africani:“Piccolissimi uomini buoni a nulla, ma capaci di tutto. Pericolosi perché senza scrupoli. E senza scrupoli perché convinti di essere accerchiati dal mondo, vittime del mondo”.

Segnalibro. Recensione entusiasta a firma di Alessandro Piperno sul Corriere Lettura per l’ultimo libro dell’israeliano Eshkol Nevo L’ultima intervista (Neri Pozza). “Crisi coniugali, sodalizi virili al capolinea, traslochi, padri e figlie, viaggi e sesso, tenerezza e nostalgia: uno scrittore di mezz’età squaderna un’intervista (straordinariamente sincera?) a sé stesso scrittore di mezza età. Il risultato – sostiene Piperno – è una delle opere migliori dell’autore”. A proposito di scrittori israeliani, Bernardo Valli ricorda una delle opere di Amos Oz, Cari fanatici, in un pezzo su l’Espresso, in cui afferma che “il fanatismo è il nemico del presente”. Sul domenicale del Sole 24 Ore invece si parla della scelta di Einaudi di riproporre le opere di Arnaldo Momigliano a partire da Saggezza straniera.

Polonia e Ungheria al voto. Il partito al governo a Varsavia, il nazionalista Diritto e Giustizia (PiS), cerca la riconferma nelle legislative di oggi. La neo-Nobel per la Letteratura polacca Olga Tokarczuk ha invitato esplicitamente a non votarlo, riporta il Corriere: “Per me queste elezioni sono le più importanti dalla caduta del comunismo: si deciderà se la Polonia dovrà allontanarsi dall’Europa”. D’accordo lo storico e giornalista Adam Michnik, intervistato da Repubblica: “Col partito di maggioranza di Jaroslaw Kaczynski vincerebbe la Polonia xenofoba, omofoba, chiusa alla vita moderna occidentale, con il forte appoggio della Chiesa. E allora ci incammineremmo verso qualcosa come la “democrazia illiberale”di Orbán”. Proprio Orban potrebbe uscire indebolito dalle urne in queste ore: oggi infatti in Ungheria si vota per le elezioni amministrative, in cui il partito di governo rischia di perdere la capitale Budapest e alcune altre grandi città (Repubblica).

Daniel Reichel twitter @dreichelmoked