Il Mediterraneo e l’identità ebraica,
storia di un incontro in musica
Le biblioteche si muovono, non sono più uno statico punto di riferimento per l’educazione formale.
Come centro di formazione di cultura devono anche promuovere iniziative di aggregazione e spunto per diversificare le proprie conoscenze, soprattutto oggi che i social diffondono notizie sparse senza dare la possibilità di collocarle in contesti spazio-temporali corretti.
La biblioteca deve quindi avvicinarsi al cittadino, promuovere iniziative per approfondire temi, stimolare tramite spunti la curiosità che altrimenti resterebbe inascoltata.
La prossima settimana offrirà quindi un evento culturale sul format già sperimentato: “Guida all’ascolto musicale”.
La tradizione musicale mediterranea sta prendendo via via uno spazio che fino a qualche decennio fa era impensabile. L’apertura di orizzonti più vasti ha permesso di conoscere vari aspetti di antiche culture, e di apprezzare tradizioni, filosofia, poesia e sonorità.
Per quanto riguarda le civiltà mediterranee, quella ebraica è sicuramente una tra quelle che hanno lasciato più il segno.
Dall’espulsione degli ebrei dalla Spagna, per volontà di Isabella La Cattolica, alla successiva dispersione nei territori balcanici sottoposti all’Impero Ottomano, alla Turchia stessa, al Nord Africa, vi è stato tutto un fiorire di canti e cantillazioni, spesso accompagnate dall’uso di strumentazioni costruite con materiali semplici provenienti da parti di animali già utilizzati per il nutrimento.
E così pare ovvio che il drum degli ebrei e la darabukka fossero provvisti di una membrana tesa proveniente da pecora o capra, così come le corde di un kanun potevano essere le budella di un ovino.
Nel Nord Africa, terra d’elezione per molti ebrei sefarditi che avevano lasciato la Spagna per essere accolti in Marocco, uno strumento d’elezione era l’oud, sorta di liuto ad 11 corde.
Gli ebrei fecero loro molte tra le usanze delle popolazioni con cui convissero.
Oggi, sono maestre della musica popolare varie cantanti israeliane (es. Mor Karbasi, Yasmin Levy) note a livello internazionale, che hanno perfezionato i propri studi in prestigiose Accademie statunitensi, britanniche e in Israele. Il loro merito é quello di aver riportato attraverso la loro vocalizzazione, ululazione, canti di gola piyutim e canti antichi, facendo rivivere – e scongiurando l’estinzione della lingua ladina o del judeo-arabe – poesie nostalgiche di una terra amata e perduta per sempre.
È quello che si potrà ascoltare in un unico evento, giovedì 5 dicembre presso il Centro Bibliografico UCEI.
Gisèle Lévy
(1 dicembre 2019)