Il non detto

emanuele calòErnesto Galli Della Loggia ha scritto sul Corriere della Sera un articolo sull’antisemitismo che ha avuto dei riscontri di diverso tenore, per via di alcune affermazioni che implicitamente rimandavano ad un ulteriore e successivo articolo, visibilmente, ma non paradossalmente, destinato a non essere mai scritto. L’autore si è sovente speso, sia sulla stampa che nei suoi libri, in affermazioni che si è soliti definire “scomode” (vedi G. Bedeschi, La ragione dell’incredibile silenzio sull’ultimo libro di Galli della Loggia – Critiche al Pci e lodi a Craxi: troppo per la stampa italiana, Il Foglio, 1° aprile 2017; si trattava di “Credere, tradire, vivere. Un viaggio negli anni della Repubblica”) le quali hanno rispetto alla norma l’aggravante di essere fondate. Nell’articolo in questione, il periodo lasciato a mezz’aria lasciava liberi i lettori/scrittori di espletare la loro sicuramente feconda fatica ermeneutica, con lo stesso spirito e gli stessi esiti di un Rorschach. In qualche modo, il whodunit svelato a chiare lettere nelle prime pagine di “Credere, tradire, vivere”, viene qui affidato al lettore, al quale l’autore consegna la penna.
L’autore gioca con l’illuminazione, ma riesce a schiarire anche con le ombre e, poiché di luci si discorre, al pari di Vittorio Storaro, si rivela ”Master of lights and colors”, laddove azzarda una frase sospesa e giuoca sul non detto. Intendiamoci: non sempre si può avere un convitato di pietra linguistico ma, se farne uso resta una delle legittime risorse di una mente brillante, ciò vale a fortiori per uno dei nostri migliori maîtres à penser. Nondimeno, l’Assemblée Nationale francese, il 3 dicembre scorso, ha appena scritto una frazione di quanto manca, alleggerendone il compito.
Ricorda qualcosa: “dissi: ‘Mi scusi signorina, ma questa è la settima conferenza alla quale lei assiste ma il suo bloc notes è sempre vergine. È possibile che io non abbia mai detto una parola degna di nota?’ E sapete cosa ha detto? ‘Professor Tardieu, non è ciò che avete detto che mi ha colpito di più, bensì quel che avete tenuto per voi: idee, moralità, amore, morte e tutto il resto. Questo bloc notes’ – disse mentre indicava le pagine in bianco – ‘registra tutti i vostri silenzi. Lei parla un eccellente francese. Sono partito gonfio d’orgoglio’ (David Lodge, Il professore va al congresso, dall’edizione francese, Un tout petit monde, prefazione di Umberto Eco, Paris, 1992, p. 385)
Tant’è che anche a noi, subìto o assimilato il suo ammaestramento, risulta difficile fare altrimenti in questo caso preciso, perché preferiamo ricevere qualche contumelia a continuare a surrogarci al prossimo, quando si tratta di sopperire ad eventuali altrui vacanze. Come dire che, anche qui, EGDL impartisce una lezione, ma lo fa tacendo, pur dovendo sapere come sa, di scatenare una bella gazzarra. Parafrasando (e alterando) Francesco De Gregori, è anche da questi particolari che si riconosce un Maestro.

Emanuele Calò, giurista