Europa: parole, non fatti

Schermata 2020-01-08 alle 12.20.08Si viene oggi a sottolineare che nella coalizione anti Isis ha fatto parte anche l’Iran. Sorge spontanea l’irritazione nel chiedersi se per questo motivo la presenza del generale Soleimani a Baghdad significasse una garanzia per le truppe Nato nella piena riuscita della guerra contro il terrorismo musulmano. Il pupillo di Khamenei era a capo delle forze Hezbollah e stringeva accordi con Hamas. Entrambe forze riconosciute di un grande terrorismo arabo organizzato, capaci di riorganizzarsi e di scagliare centinaia di razzi contro Israele. Ne testimoniano le presenze di loro capi durante i funerali del generale, mentre le bandiere di Usa e Israele vengono bruciate, accompagnate dalla rabbia di centinaia di migliaia di persone.
Ancora una volta l’Europa tace, non reagisce. Israele viene visto solo come un puntino nello scacchiere mediorientale, mai come avamposto della democrazia cui l’Europa si vanta. L’Iraq governato dagli sciiti ha aperto le porte all’esercito iraniano, permettendo che si infiltri in Siria, pronto ad attaccare Israele. L’Europa col paraocchi si difende accusando Trump di non essere stata informata. Fa comodo ai politici nostrani pensarla così. Sembra strano che almeno i paesi che contano – Germania, Francia ed Inghilterra – non ne fossero a conoscenza e pur ipotizzando che solo la Gran Bretagna, quale grande alleata degli Stati Uniti, avesse ricevuto poco prima le direttive di Trump, il non aver diffuso l’informativa – facendo la Gran Bretagna ancora parte della Ue oltre che della Nato – significherebbe un tradimento bello e buono.
Ma la Gran Bretagna ha seri problemi con l’affluenza araba sul suo territorio, che per i benefici dati dallo Stato per ogni nascituro, si ritroverà presto sommersa. In Germania l’affluenza turcomanna costituisce da decenni una forte percentuale della popolazione, mentre durante le commemorazioni degli attacchi terroristici subiti, la Francia si trova imprigionata in questioni economico-sociali interne, che sviano l’interesse verso quella costola dell’Europa chiamata Israele.
Noi italiani restiamo schiavi del petrolio e della politica velatamente antisemita/antisionista/anti israeliana che da un lato all’altro dello stivale politico invoca non soltanto l’avvicinamento ai paesi arabi ma pretende in contemporanea l’opposizione ad Israele. Contiamo poco in Europa, conteremo di meno nel Mediterraneo. I giovani ebrei si stanno allontanando dalle loro recenti radici europee e non si può dar loro contro per questo. Se dobbiamo vivere dove si fa poco per conoscere quanto gli ebrei facciano parte della storia europea – non bastano il Giorno della Memoria e la Giornata della Cultura – eccezione fatta di una manifestazione francese o del forte grido della Senatrice Segre, dovremo subire ancora questa politica che per ignoranza ed opportunismo calpesta parti della nostra storia comune.
Nella foto di “ABEF – Archivio Baumann e Fischer” sembra non sia cambiato nulla dagli anni ’70: l’antisemitismo è presente da ogni parte. Unica grande differenza è che allora anche in Italia si facevano delle manifestazioni per contrastarlo.

Alan Davìd Baumann

(8 gennaio 2020)