Da Milano a Parigi, impegno comune per la didattica e la ricerca sulla Shoah
Un percorso di collaborazione nel segno della ricerca e della didattica della Shoah avviato da tempo e ora suggellato da un’intesa. Il Memoriale della Shoah di Milano, il Memoriale della Shoah di Parigi e il Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea di Milano hanno messo nelle scorse ore nero su bianco questo impegno comune, firmando una convenzione che creerà ufficialmente una partnership internazionale tra questi tre enti. A siglarla, il direttore del Memoriale di Parigi Jacques Fredj, il presidente del Memoriale di Milano Roberto Jarach e il presidente del Cdec Giorgio Sacerdoti. “La condivisione delle nostre esperienze è fondamentale: dalla formazione dei formatori, degli insegnanti, delle guide al lavoro di educazione dei giovani contro l’antisemitismo e le intolleranze”, ha sottolineato il presidente del Memoriale milanese Roberto Jarach, spiegando come stiano proseguendo i lavori per ultimare il progetto della struttura di piazza Edmond Safra – dove si è svolta la firma – che nel prossimo futuro accoglierà il Cdec. Un momento, hanno sottolineato in passato Jarach e Sacerdoti, che renderà il Memoriale sempre più snodo centrale per tutto ciò che concerne la didattica della Shoah e della ricerca sul fenomeno dell’antisemitismo. Uno snodo con un collegamento diretto con Parigi. “Lo scambio con il Memoriale parigino già esiste ma la firma rappresenta un’ulteriore occasione per avvicinarci e apprendere l’esperienza francese – ha spiegato il presidente del Cdec Sacerdoti – Il tema dell’antisemitismo non è confinato purtroppo al passato, è una minaccia che prosegue e continua, è un pericolo attuale in Francia come in Italia”. La collaborazione e il confronto per comprendere e analizzare il fenomeno antisemita e la sua evoluzione saranno parte integrante dell’intesa, che, afferma Sacerdoti, “non costituisce una conclusione ma un primo passo per rendere ancor più efficace il nostro lavoro”. “Più siamo è meglio saremo in grado di riflettere insieme sulle tante sfide della Memoria. Il lavoro collettivo ci rende più efficaci e intelligenti – le parole del direttore del Memoriale di Parigi Fredj – Sono grato di essere qui, in questo luogo carico di significato. Le stazioni in tutta Europa parlano la stessa lingua. Questo è un luogo autentico, qui non è difficile immaginare cosa sia successo”. Nel suo intervento Fredj ha raccontato la storia del Memoriale di Parigi, ricordando come la sua prima identità fosse quella di un centro di documentazione ebraica e come quindi abbia un’affinità originale con il Cdec. “Siamo stati creati durante già la guerra grazie ai pionieri che avevano capito che bisogna scrivere la storia per poterla capire e per poterla trasmettere”. Il Memoriale parigino ha poi preso forma negli anni Cinquanta, venendo inaugurato nel ’56. “Abbiamo 40milioni di documenti, 400mila fotografie. Nel nostro istituto memoria e storia convivono”. Il Memoriale, ha sottolineato Fredj, è impegnato su più fronti, dalla formazione degli insegnanti sulla Shoah, al contrasto dell’antisemitismo fino alla lotta contro ogni forma di intolleranza attraverso lo studio degli altri genocidi. Per il direttore del Memoriale di Parigi, fondamentale poi è il concetto di rendere accessibili al pubblico gli archivi. “Abbiamo ancora molti documenti da studiare, la strada è ancora lunga e ancora molto c’è da scoprire e chiarire”. “Tra i diversi enti coinvolti a questo tavolo ma anche con altre organizzazioni milanesi, dai Figli della Shoah all’Anpi, c’è una grande convergenza nella modalità di lavoro che ci rafforza nella convinzione che siamo nella direzione giusta”, ha spiegato il direttore del Cdec Gadi Luzzatto Voghera, intervenuto a una tavola rotonda organizzata dopo la firma dell’intesa con protagonisti Fredj, la vicepresidente del Memoriale di Milano Milena Santerini e moderata da Daniela Dana Tedeschi, presidente dell’Associazione Figli della Shoah. Nel periodo del Giorno della Memoria “assistiamo a picchi di attacchi antisemitismo. Chi li compie è attratto dalla visibilità – ha spiegato Gadi Luzzatto – c’è qualcosa che non funziona dunque e vale la pena di riflettere. La convenzione può aiutare a correggere queste e altre distorsioni legate alla Memoria”. Di distorsioni ha parlato anche Milena Santerini, sottolineando come “dobbiamo lavorare affinché sia ben chiaro che la Shoah non si può capire senza l’antisemitismo precedente, senza studiare i fattori culturali, sociali, psicologici. Altrimenti la Memoria diventa solo un simulacro vuoto”.
Tra gli oratori dell’incontro, anche Antonella Salomoni, docente di Storia contemporanea e autrice del volume appena edito dal Mulino Le ceneri di Babij Jar. L’eccidio degli ebrei di Kiev. Nel suo intervento, Salomoni ha parlato delle nuove prospettive di ricerca legate alla Shoah, dando particolare rilevanza al significato del tentativo nazifascista di cancellare anche i luoghi dell’ebraismo dalla geografia europea.