Roma e le ferite del nazifascismo,
34 nuove pietre per il ricordo
Salvatore Canalis nacque nel 1908 a Tula, un piccolo centro della provincia di Sassari. Ben presto si trasferì a Roma dove, dopo la Laurea in Lettere Classiche, lavorò come insegnante di Latino e Greco presso vari licei (Virgilio, Mamiani, Nazzareno e Convitto Nazionale) finché non diventò docente di ruolo presso il Liceo della Scuola Militare. A Roma fu felicemente sposato con una giovane fiamminga, dalla quale ebbe due figli. Dopo l’8 settembre 1943 si iscrisse al Partito D’Azione e svolse attività antifascista scrivendo per un giornale clandestino. La sera del 14 marzo 1944 quattro agenti della banda Koch lo prelevarono dalla sua abitazione. Dapprima fu portato in Questura, dopodiché alla Pensione Oltremare di San Gregorio al Celio, famigerato luogo di tortura. Il 24 marzo 1944 fu trasferito al carcere di Regina Coeli e infine alle Cave Ardeatine, dove fu trucidato.
Da stamane una pietra d’inciampo ne ricorda la vita e la tragica fine. La sua è infatti una delle 34 stolpersteine posizionate tra ieri e oggi a Roma, dove per l’undicesimo anno consecutivo l’arte e l’opera di Gunter Demnig si sono poste al servizio della Memoria e del ricordo delle vittime del nazifascismo: ebrei, rom, antifascisti, oppositori del regime.
A coordinare le diverse apposizioni, come sempre dal 2010, Adachiara Zevi.
(14 gennaio 2020)