Una pietra per Marisa

david soraniMarisa Ancona (1926-1945), dai banchi del Ginnasio Liceo “Cavour” di Torino a Bergen Belsen. Davanti al Liceo Classico Cavour di Corso Tassoni 15 oggi è stata posata una pietra d’inciampo a suo nome, nello stesso giorno in cui a Torino altri Stolpersteine sono stati posti da Gunter Demnig in memoria di Alessandro Colombo, Elena Colombo, Wanda Debora Foà Colombo, Francesco Staccione, Tranquillo Sartore.
Mi soffermo sulla storia di Marisa perché all’origine di questo piccolo grande gesto di ricordo c’è una ricerca d’archivio iniziata nell’anno scolastico 2017-18 da alcuni miei studenti della sezione musicale. Insieme alla collega Paola Picotto e a sei entusiasti alunni dell’allora III B cominciammo a sfogliare i registri delle iscrizioni al Regio Liceo-Ginnasio Camillo Benso Conte di Cavour del 1936-37, 1937-38, 1938-39, 1939-40. Nei primi due anni scolastici i ragazzi ebrei iscritti al prestigioso Istituto erano un gruppetto non particolarmente numeroso, che comunque scompariva del tutto a partire dal 1938-39, evidentemente come conseguenza dell’entrata in vigore delle leggi razziali.
Schermata 2020-01-14 alle 11.58.55Le nostre ricerche si concentrarono in una prima fase sulle vicende di Giulietta De Benedetti, Elda Lolli, Lore Terracini, tre ragazze di cui gli alunni della III B ricostruirono le diverse storie di salvezza negli anni della guerra e della deportazione: Giulietta riuscì a riparare con i suoi negli Stati Uniti; Elda dapprima si nascose con la famiglia e poi fece la governante sotto falso nome in una casa della buona borghesia torinese; Lore (figlia del matematico Alessandro Terracini e futura famosa linguista) emigrò con i suoi a Tucumàn, in Argentina.
L’anno scorso (anno scolastico 2018-19) un gruppo più numeroso di studenti del Liceo Cavour riprese le indagini nell’archivio della scuola sotto la guida del prof. Francesco Russo – responsabile dell’Archivio e della Biblioteca – e di altri insegnanti. Emerse allora l’idea di allestire una mostra scolastica sull’esito di questi studi e più in generale sulle leggi razziste del fascismo e gli effetti della loro applicazione nel nostro liceo. Mesi di lavoro e soprattutto la dedizione e la competenza del collega Russo (docente di Storia dell’Arte) produssero l’esposizione “«Come un fulmine». 1938: l’irruzione delle leggi razziali nella scuola e nella società italiane”, visitata da un pubblico partecipe e ben salutata dalle cronache cittadine (recensioni sul “Corriere della Sera” e su “La Stampa”).
Nei pannelli della mostra era ritratta anche Marisa Ancona, il cui nome avevamo già rintracciato – con un sottile tormento – nell’interminabile elenco dei deportati del Libro della Memoria di Liliana Picciotto. Espulsa dal Cavour come i suoi compagni ebrei, qualche anno dopo Marisa cercò rifugio col padre e col fratello in un paesino del Canavese. Soldati italiani della RSI li sorpresero all’inizio del 1944, arrestandoli e rinchiudendoli nel carcere di Ivrea: era iniziato il loro terribile percorso verso Auschwitz. Per completezza riporto qua sotto la biografia di Marisa curata dal Museo Diffuso della Resistenza e della Deportazione:

Marisa Ancona Marisa Ancona, nata a Torino il primo marzo 1926, figlia di Gastone e Foà Anna, abitò a Torino in via Migliara 23. Frequentò la sezione A del Ginnasio del Liceo Classico Cavour, come risulta dal registro scolastico degli anni scolastici 1936-37 e 1937-38. L’emanazione delle leggi razziali nell’autunno del 1938 colpì anche Marisa che non poté iscriversi al primo anno di liceo; non si ha traccia della sua continuazione degli studi presso le classi istituite presso la scuola ebraica via Sant’Anselmo 7 o nell’Istituto di via Bidone 33 (Scuola Officina Serale). Marisa sfollò nel Canavese probabilmente a causa dei bombardamenti su Torino. Il suo ultimo nascondiglio conosciuto si trovava tra Vistrorio Canavese, dalle fonti provenienti dalla Comunità Ebraica di Torino, e Succinto Canavese – fonte CDEC – , dove fu arrestata insieme al padre Gastone e al fratello Achille da soldati italiani della RSI e condotta presso il carcere di Ivrea, nel quale fu detenuta per un periodo imprecisato. Da lì fu trasferita al campo di concentramento speciale di Fossoli (MO) dove rimase fino al 5 aprile quando fu deportata ad Auschwitz. Il convoglio partì dal campo di Fossoli, agganciando successivamente altri vagoni a Mantova e Verona per arrivare ad Auschwitz il 10 aprile. Tra i 611 deportati del convoglio 154 uomini superarono la selezione per il gas e furono ammessi al campo con i numeri di matricola da 179974 a 180127; le donne immatricolate furono 80 e ricevettero i numeri da 76776 a 76855: a Marisa fu assegnato un numero compreso tra le due cifre indicate. I reduci del trasporto furono 51. Achille – matricola 179981 – fu deportato insieme alla sorella e morì in luogo ignoto il 22 gennaio 1945. Il padre Gastone fu deportato da Fossoli ad Auschwitz il 16 maggio 1945 e morì in luogo ignoto il 14 settembre 1944. Prima della liberazione del campo di concentramento e sterminio di Auschwitz, il 27 gennaio 1945, Marisa venne trasferita nel campo di concentramento di Bergen Belsen, nella bassa Sassonia, prendendo parte presumibilmente a una delle terribili marce di evacuazione definite “marce della morte”, in quanto venne vista a Kodova, cittadina polacca che si trova nel tragitto tra Auschwitz e Bergen Belsen. Morì in data imprecisata dopo l’11 febbraio del 1945 a Bergen Belsen, due mesi prima che il campo fosse liberato il 15 aprile 1945.
20200114_103550Una vicenda tragica, analoga a tante altre di cui è cosparsa la storia degli ebrei italiani nel 1938-45. Una vicenda partita dalle aule della nostra scuola con un atto di violenza realizzato ope legis. Una vicenda che ha colpito profondamente l’intero Liceo (studenti, insegnanti, Dirigente Scolastico, personale amministrativo) e ci ha spinto a dedicare a Marisa una pietra d’inciampo davanti ai gradini d’entrata.

David Sorani