Lo Stato dell’Unione di Trump

rassegna“Il meglio deve ancora venire”. Con queste parole il presidente Usa Donald Trump ha chiuso il suo terzo discorso sullo stato dell’Unione da quando è alla Casa Bianca, lanciando davanti a un Congresso letteralmente spaccato in due la sfida per la sua rielezione il prossimo novembre. “Io ho mantenuto le mie promesse”, rivendica il presidente, in quello che i media americani descrivono come comizio. Tra i temi toccati – sull’impeachment ha sorvolato ma tra poco sarà tutto alle spalle – in politica estera, il rapporto con l’Iran. Ha citato l’uccisione del generale iraniano Qassem Soleimani, avvenuta il 3 gennaio scorso in un raid aereo americano all’aeroporto di Baghdad. ‘”Soleimani era il macellaio più spietato del regime iraniano, un mostro che aveva ucciso o ferito migliaia di americani in Iraq’”, ha detto Trump. “Il mese scorso, sotto mia indicazione, l’esercito americano ha eseguito un raid aereo di precisione impeccabile che ha ucciso Soleimani e posto fine per sempre al suo regno malvagio del terrore”. Poi il messaggio al regime di Teheran: “Negli ultimi mesi abbiamo assistito a orgogliosi iraniani alzare la voce contro i loro governanti. Il regime iraniano deve abbandonare le armi nucleari, smetterla di seminare terrore, morte, distruzione e iniziare a lavorare per la sua gente. Con le nostre sanzioni, l’economia iraniana è in difficoltà. Noi possiamo aiutare ma forse sono troppo orgogliosi per chiedere aiuto. Noi siamo qui, vedremo quale strada sceglieranno”.

Rimanere in Israele. Il piano di pace Usa non piace all’Unione europea che nelle scorse ora ha bocciato la proposta di Trump perché “si discosta dai parametri concordati a livello internazionale” (Avvenire). Intanto chi rifiuta il piano sono anche i cittadini arabi di Um al-Fahm che, racconta La Stampa, non vogliono essere parte di nessun eventuale scambio con un futuro Stato palestinese. Vogliono rimanere in Israele. Sempre rispetto al piano di pace, Panorama definisce Benjamin Netanyahu come il grande vincitore per il contenuto del progetto Usa in quanto molto favorevole ai piani della destra israeliana e arma elettorale per guadagnare consensi in vista del voto del 2 marzo.

Vandali di memoria. Continuano a registrarsi in Italia atti di vandalismo contro lapidi, monumenti, edifici. Spesso di natura neonazista e antisemita ma non solo. Non è un fenomeno nuovo, scrive Giovanni Sabbatucci su La Stampa, ma rappresentano “la volontà, non si sa quanto consapevole e confessata, di distruggere strumenti e simboli tipici di una comunità civile, di cancellare quel patrimonio di memorie condivise su cui si fondano e si radicano le nazioni democratiche. I vandali che imbrattano i muri e fanno a pezzi le lapidi commemorative poco sanno di quel patrimonio”.

Il virus del razzismo. Su Repubblica lo psicanalista Massimo Recalcati traccia il legame tra il terrore del contagio e il razzismo. “Non si tratta di analfabetismo politico, né di barbarie incivile. Piuttosto di una mobilitazione delle angosce più profonde: essere contagiati, corrosi, uccisi, violentati, aggrediti dallo straniero. Non bisogna schernire questa paura come semplice frutto dell’ignoranza. In ciascun essere umano giace una inclinazione xenofoba che l’attualità del coronavirus fatalmente riattiva. Non a caso in questi giorni non è l’africano ma il cinese ad essere il bersaglio di sussulti razzisti”. “La necessaria battaglia della scienza e della politica contro la diffusione della malattia e della morte – aggiunge Recalcati – non può trattenere gli esseri umani dalla spinta securitaria a identificare in una razza la causa del male. E questa spinta viene facilmente alimentata da un tempo come il nostro che ha fatto del muro una tentazione collettiva”.

Francia, la minaccia dell’antisemitismo. Gli atti antisemiti continuano ad aumentare in Francia, dopo che già nel 2018 avevano subito un’impennata del 74%, secondo quanto riporta il quotidiano Le Figaro. Nel primo semestre 2019 l’aumento è del 78%, secondo i dati del ministero dell’interno francese pubblicati da Le Figaro – e riportati da Italia Oggi – che si basano sulle denunce presentate. Ma non tutti denunciano.

Antisemitismo-Antisionismo. “Imperante sui social, o nelle scritte che inneggiano alla lotta contro i ‘sionisti assassini’. Ecco, questo antisionismo maschera l’antisemitismo, perché alla fine ciò che s’intende mettere sotto accusa, non è la politica di un Governo ma l’esistenza di uno Stato e del suo popolo”, afferma Efraim Zuroff, direttore del Centro Wiesenthal di Gerusalemme, intervistato oggi dal Riformista sul tema dell’antisemitismo moderno. “Si deve avere se non il coraggio, quanto meno l’onestà intellettuale di definire le matrici dell’antisemitismo, oggi: e una di queste è il radicalismo islamista. – afferma Zuroff – Denunciarlo non significa sostenere l’equazione musulmano = antisemita, ma mettere in evidenza come un clima di odio verso gli Ebrei cresca in ambienti segnati dal fondamentalismo islamico. Lo vediamo monitorando i loro siti e quelli di gruppi di estrema destra e di estrema sinistra in Europa”.

Milano e il riconoscimento del matrimonio in sinagoga. I matrimoni religiosi ritenuti validi dagli stati esteri devono essere riconosciuti in Italia. Anche se la celebrazione avviene nel nostro paese e riguarda un cittadino italiano coniugato con uno straniero. A stabilirlo è la Corte d’appello di Milano che, con una sentenza del 29 gennaio scorso, ha imposto a Palazzo Marino di riconoscere il matrimonio di una coppia israeliana, lui con doppio passaporto israeliano e italiano, celebrato in una delle sinagoghe milanesi (Repubblica Milano).

Niente Roger. Al Festival di Sanremo nessuna apparizione per il cofondatore dei Pink Floyd Roger Waters, di cui il Giornale ricorda le posizioni anti-Israele.

Appuntamenti. Nel volume Raccolta di memorie (La Mongolfiera Edizioni), a cura di Suzana Glavas, la storia di Alberto Defez, ingegnere ebreo che combatté nelle Quattro giornate di Napoli. Il volume sarà presentato oggi alla Comunità ebraica di Napoli (Repubblica Napoli). A Milano proiezione domani all’Umanitaria del docu-film “Pentcho”, il vecchio rimorchiatore che attraversò l’Europa con 520 ebrei a bordo in cerca di rifugio dal nazifascismo (Avvenire).

Daniel Reichel twitter @dreichelmoked