Pregiudizio alimentare

davide assaelL’emergenza coronavirus sta portando alla luce nuove frontiere del pregiudizio, che poi tanto nuove non sono. L’ultima è il pregiudizio alimentare. Gli attori in gioco sono i soliti che abbiamo visto agire in questi ultimi anni. Ricostruiamo la strategia. Prima fase: dare in pasto all’opinione pubblica un’immagine stereotipata, scabrosa, che si impressioni nella mente come una vecchia foto sulla pellicola. Così, dopo aver visto la sceneggiata patetica della mascherina da parte di Fontana, abbiamo visto l’altro Governatore leghista Zaia evocare l’immagine di cinesi che mangiano topi vivi in stile Visitors (serie Tv anni ’80 su alieni che invadono la terra) dalle frequenze di una TV regionale. E tutti sappiamo che tipo di pubblico abbiano queste reti. Seguono, naturalmente, le reazioni indignate da parte di tutto il ceto medio-colto e Zaia, dopo l’intervento dell’ambasciata cinese, ritratta tutto con una letterina che più umiliante non si può. Anche perché il Veneto esporta miliardi di Euro di merce l’anno in Cina. Ma non è quello che ascolta questi tipi di dibattiti il pubblico che porta voti, serve un’operazione di massa. A questo punto scatta la seconda fase: si mette in moto la Bestia targata Morisi-Salvini. Iniziano a comparire post su pagine scandalistiche (uso un eufemismo) che riflettono punto per punto la linea sovranista su qualsivoglia argomento. I post in questione, guarda caso, mostrano immagini di cadaveri di cani morti, di mercati orientali in cui si cuociono topi, ragni e serpenti (i topi vivi alla visitors non sono riusciti evidentemente a trovarli). Non fa nulla che nessuno sa quando e dove siano stati realizzati quei filmati, non fa nulla che siano tutti animali che non c’entrano un bel nulla col coronavirus, non fa nulla che se si filmassero allevamenti di galline, oche, mucche, maiali e persino pesci dalle nostre parti si vedrebbero scene peggiori. Nemmeno conta che usanze che vai paese che trovi, per cui se in India trasmettessero i cadaveri di mucche e noi che ci cuociamo una bistecca al sangue faremmo la stessa impressione. L’unica cosa che conta è evocare l’immagine del cinese incivile e barbaro, che ora è anche untore. Sia mai che invece che col cinese di quartiere i veneti se la prendano con Zaia perché non riapre scuole e negozi (cosa di cui, tra l’altro, non ha nessuna colpa). Meglio che la rabbia per la situazione sia rivolta altrove. Terza fase: i post creati ad arte su queste pagine vengono rilanciati in maniera acritica da migliaia e migliaia di utenti, alimentando senza sforzo la macchina di propaganda. La stessa tecnica, per cui Salvini si ferma ore dopo i comizi a farsi selfie, che poi vengono rilanciati sugli account Instagram e Facebook di tutti i suoi compari di foto. Davvero propaganda a costo zero, una vera genialata! La stessa macchina l’abbiamo vista contro migranti e Rom: un’immagine che sobilla l’immaginario peggiore, che confermi l’assunto generale, per cui lo «zingaro» è un ladro, sporco, brutto e cattivo, incompatibile col nostro stile di vita. Che dopo anni social e servizi sulle fake news il pubblico medio non riesca a distinguere fra pagine produttrici di fake news e altre è un tema che ci interroga da vicino. Evidentemente qualcosa nella comunicazione culturale degli ultimi 20 anni è andato storto e la responsabilità è delle classi istruite, che non sono state incapaci di calarsi (ben prima dell’era social) nei nuovi linguaggi e nel nuovo immaginario, preferendo un atteggiamento snobistico, che ha portato al punto in cui siamo oggi. La responsabilità di questi sciacalli politici non la voglio nemmeno nominare perché sarebbe come stupirsi che gli avvoltoi svolazzino sopra i cadaveri.
Ultima nota. Dicevo all’inizio che il pregiudizio alimentare è «quasi» nuovo. Sì perché negli ultimi anni ha avuto grande successo nella nostra Europa. In Italia fu proprio Salvini ad urlare dal pratone di Pontida: «Ora ci occuperemo di chi maltratta gli animali». Si riferiva alla macellazione rituale. Aspettiamo i video in cui «crudeli» rabbini ammazzano l’animale con un affilatissimi coltelli, invece che stordirli come prova d’amore. Chi vuole intendere intenda.

Davide Assael