Da Giuseppe ad oggi, il grano
da sempre al centro delle nostre vite

Il grano è la più importante risorsa alimentare del mondo. L’approfondimento degli studi di questa specie mira a ottenere nuove varietà capaci di soddisfare i crescenti bisogni alimentari della popolazione umana e di resistere a tante avversità, inclusi i cambiamenti climatici.
La storia di questa specie è lunga più di quella della specie umana su questa Terra. È una pianta eccezionale, cresciuta accidentalmente per la nostra fortuna e poi selezionata dall’uomo e gelosamente tramandata, che sfama un quinto del pianeta, offrendo un quinto dell’apporto calorico necessario per la nostra vita. Proprio per la sua importanza è anche divenuta uno strumento di potere e un asset strategico. Ma andiamo con ordine.
Il frumento fu tra le prime piante ad essere coltivate. Dalle montagne iraniane e da quelle dell’Anatolia raggiunge la costa della Palestina. Abramo, che compì proprio quel percorso obbedendo al comando del Signore: potrebbe aver portato con sé i semi di questa specie importante “Erbe” i cui frutti erano granelli dovevano essere presenti nella vegetazione spontanea della Terra almeno 10 000 anni a. E.V, (e anche prima), ma erano poco utilizzabili: semi piccoli, poveri di contenuto che cadevano spontaneamente sul terreno per far germogliare la generazione successiva. Intorno a 8000 anni a.E.V. comparve qualche pianta con spighe a granelli un po’ più grossi (e ricchi di contenuto) e con le spighe non fragili (che potevano essere raccolte e portate a casa).
Ma gli eventi che cambiarono la situazione furono una serie di incroci tra piante che portarono alla creazione di nuove specie. Gli studiosi dovettero combinare l’archeologia e la genetica per venire a capo della questione: come e quando è nato l’attuale frumento? Sembra assodato che l’origine del frumento attuale sia avvenuta nella “Mezzaluna Fertile”, cioè nell’area attraversata dai fiumi Tigri ed Eufrate. E questo fu possibile affermarlo sulla base di reperti archeologici.
Il lavoro di ricerca fu lungo e complesso e dovette combinare studi di genetica con reperti archeologici. Troppo lungo, e soprattutto complesso, sarebbe rendere conto della combinazione dei reperti archeologici con l’analisi botanica delle varie specie di cereali (fossili ed attuali). A queste si aggiunse l’analisi genetica che mise in luce un aspetto interessante: alla base di tutti i cereali che ancora oggi utilizziamo ci sono gruppi (diversi, ma tra loro compatibili) di sette cromosomi che costituiscono la base aploide dei cereali. L’aploidia è la condizione in cui nelle cellule di un organismo vivente è presente un unico set cromosomico, ovvero un solo cromosoma per ogni tipo. Una cellula aploide è diversa da una cellula diploide in quanto quest’ultima ha due patrimoni genetici (uguali), ereditati, di solito, dal padre e dalla madre e questa è la situazione ordinaria degli esseri viventi (superiori)Il grano duro (Triticum durum)  largamente coltivato per la trasformazione in semola e la produzione di pasta è un frumento tetraploide cioè con 28 cromosomi, che si ritiene derivi dall’ ibridazione di due specie (diploidi): Triticum urartu  ed una specie ancora non accertata del genere Aegilops  entrambi con corredo cromosomico 2n=14, diversi tra loro, ma compatibili. L’ibrido spontaneo ha dato origine alla specie Triticum dicoccoides (2n=28), il progenitore selvatico del grano duro da cui l’uomo neolitico ha domesticato il grano duro più o meno come lo conosciamo oggi e usato per confezionare la pasta. La straordinarietà dell’ incrocio è che in via ordinaria, preliminarmente all’ incrocio, le cellule dimezzano i cromosomi passando dallo stato diploide a quello aploide: in questo caso, evidentemente, questa riduzione di numero non ha avuto luogo, ma l’incrocio ha avuto luogo ugualmente. Il frumento comune, quello usato per la panificazione (Triticum vulgare), esaploide cioè con 42 (= 6×7) cromosomi, è derivato dall’ibridazione di una sottospecie coltivata di grano duro con il polline di una specie selvatica, Aegilops tauschii. I frumenti teneri comprendono diverse varietà ed hanno acquisito una buona resistenza al freddo che ha permesso la loro coltivazione nei paesi nordici dove non è possibile coltivare il grano duro. Archeologi e storici hanno analizzato l’importanza che la coltura del frumento ha svolto per spingere le prime società umane a forme di organizzazione più complesse. Mentre gli ortaggi possono essere coltivati, infatti, anche attorno ad un campo di nomadi, il frumento, nelle condizioni climatiche della valle del Tigri-Eufrate, spinse i primi coltivatori a realizzare reti di canali per estendere la coltura, edificare le prime città difese da mura per tutelare il raccolto nel corso dell’anno e organizzare eserciti per difendere dai nomadi il territorio irrigato dai canali faticosamente realizzati, oltre che per procurare gli schiavi per estendere i canali a nuove superfici. Il frumento ha costretto, in questi termini, l’uomo a organizzare la società civile.I patriarchi erano pastori e quindi mobili: migravano alla ricerca di pascoli migliori e soprattutto non ancora “brucati”: quando le mandrie avevano brucato l’erba in una zona si spostavano altrove in attesa che l’erba  ricrescesse. Tuttavia quando arrivano gli inviati del Signore – che gli avrebbero annunciato l’attesa, ma insperata nascita di Isacco – Abramo chiede a Sara di prendere della “farina di semola” (kemach solet) e di preparare delle focacce (oggi quel termine hugoth sta per dolci). Il testo non chiarisce se Abramo produceva quella farina nei campi circostanti oppure se la comprava dalla popolazione locale. Tre generazioni più tardi Giuseppe racconta ai fratelli il suo sogno a proposito dei covoni: durante la mietitura i covoni dei fratelli sarebbero venuti ad inchinarsi a quello che aveva legato lui. Anche loro erano pastori, ma evidentemente svolgevano anche attività di coltivazione della terra. E in particolare si evince dal testo che coltivavano cereali. Giuseppe si salvò per i famosi sogni del Faraone. Quello divenuto proverbiale ai giorni nostri, “le vacche magre”, non ha avuto un seguito nel racconto biblico, mentre ci sono dettagliate descrizioni di come Giuseppe gestì soprattutto la produzione del grano (o dei cereali).  
Dal racconto della Torà appare evidente che il dominio della gestione e soprattutto il possesso del frumento (e degli altri cereali) davano, a chi riusciva ad impossessarsene, il “potere”. Attraverso il controllo del frumento, Giuseppe diventa il padrone dell’Egitto, secondo soltanto al Faraone. Mosé, nel deserto, congedandosi dal popolo, alla fine della vita, promette, a nome del Signore, un paese ricco di grano (prima  di altre buone derrate). Mussolini, già nei primi anni del suo regime, lanciò la “battaglia del grano” per rendere l’ Italia autonoma dagli approvvigionamenti esteri. La situazione non è molto cambiata ai giorni nostri: quasi il 15% della superficie coltivata in Italia è dedicata alla coltura del frumento, anche se nella situazione attuale di alleanze e di diminuzione del costo dei trasporti, molto del frumento consumato in Italia viene dal continente americano. La politica agricola comune (PAC) della Comunità Europea ha (tra l’altro) sovvenzionato il prezzo del frumento per incoraggiare gli agricoltori a produrre questa derrata. Da Giuseppe a oggi…poco è cambiato: il pane resta un alimento fondamentale. Ed è per questo che all’inizio di ogni Shabbath ringraziamo il Signore “che fa uscire il pane dalla terra”.

Roberto Jona, agronomo

(5 marzo 2020)