Libertà in situazione
Jean-Paul Sartre sosteneva che l’uomo è (sic) una libertà in situazione. Ciò vale anche per gli ebrei italiani e per il bel quadretto giuridico e culturale che (non) si ritrovano, e sono certo che i migliori intellettuali di sinistra di cui sono orgogliosamente amico siano d’accordo. Così come alcuni ammaestramenti del Kohelet hanno il loro corrispettivo nel volgarissimo ma icastico romanesco, anche il citato atteggiamento ne è munito: “Come te metti te ritrovi”. Se della cultura, dell’apertura e dello spirito critico non ti curi, il dialogo lo svolgerai non più in salotto, ma in cucina, e mentre nei salotti magari ritrovi i redivivi Proust o Stendhal, in cucina ti troverai i caciaroni ed i pecorai, coi quali il comune linguaggio è, appunto, la gazzarra. E pensare che i dotti cristiani (quelli indipendenti, non i ministeriali) notano, giustamente, che nell’ebraismo vi è una profonda impronta giuridica, mentre l’ishuv italico si ritrova con poco assai, potendo sì e no cercare gli accostamenti col Re nudo. Perché, se ci si esercita nella nobile arte di far finta di nulla, ciò che ti rimarrà in mano è proprio il nulla e, se non si pensasse che così sia, basterebbe guardarsi intorno, compulsando, ammesso che se ne sia capaci, il diritto comparato. Il nulla è anche prendere posizione, dimenticando che l’ebraismo non è un partito politico e che demonizzare il carro sul quale non sei salito costituisce il peggior modo di dimenticare che non dovevi salire su alcun carro.
Emanuele Calò, giurista
(10 marzo 2020)