Le discutibili virtù
del nazionalismo

baldacciSi è tentati di liquidare il libro dell’israeliano Yoram Hazony Le virtù del nazionalismo (Guerini e Associati, Milano, 2019) come il goffo tentativo di giustificare sul piano teorico scelte che hanno un preciso contenuto politico, come l’avversione all’Unione Europea e, in generale, a qualunque organizzazione sovranazionale. Ma poiché questo tentativo di elaborazione teorica è stato fatto, allora non ci si può sottrarre all’obbligo di entrare nel merito e di analizzarlo.
L’antitesi che Hazony pone alla base di tutta la sua teoria è quella tra Stato nazionale e Stato imperiale. Premesso che con Stato imperiale Hazony intende qualsiasi organizzazione sovranazionale, e quindi non soltanto l’Unione Europea ma anche, naturalmente, l’ONU (e in particolare il Consiglio di Sicurezza) e financo l’Organizzazione Mondiale del Commercio, ciò che è particolarmente interessante è quello che egli intende per Stato nazionale: infatti a suo avviso, un ordine di libere e indipendenti nazioni, ciascuna impegnata nel perseguimento del bene politico secondo le proprie tradizioni, si oppone a un ordine che vede tutti i popoli riuniti sotto un sistema singolo di leggi, promulgate e promosse da un’unica autorità sovranazionale.
Ma che cosa intende Hazony per nazione? A suo parere una nazione è costituita da un certo numero di tribù che hanno una lingua e una religione comuni. Gli esempi che adduce mettono in evidenza la debolezza di questa definizione: infatti, accanto a Israele, che per lui costituisce il paradigma di stato nazionale, e alla Norvegia (dove, tra l’altro, sono in uso due lingue) – Hazony cita l’India e la Confederazione Elvetica. È singolare che citi proprio l’India dove sono praticate una pluralità di religioni e che, in un’altra parte del libro, ricorda come il Paese dove si parlano almeno 1700 lingue; o la Svizzera, dove ci sono almeno due confessioni religiose prevalenti – quella cattolica e quella riformata – e dove esistono quattro lingue ufficiali!
Ma ancora più significativi sono i requisiti che Hazony elenca perché si possa parlare di governo legittimo. Il primo di questi requisiti è definito “minimo etico” e consiste nella protezione del proprio popolo, nell’osservanza delle feste religiose, nel pubblico riconoscimento dell’esistenza di un solo e unico Dio.
Ma in modo ancora più chiaro Hazoni sostiene che organizzazioni sociali come il clan, la tribù, la nazione sono del medesimo genere della famiglia, cioè sono caratterizzati da quei vincoli di mutua fedeltà caratteristici della famiglia. Lo Stato nazionale pertanto altro non è che una grande famiglia, non fondato sul consenso ma, appunto, su vincoli naturali.
Non si tratta di concezioni nuovissime. Concezioni organiciste di questo tipo sono state in auge nel XX secolo nel periodo tra le due guerre mondiali e hanno trovato un tentativo di applicazione politica nella Spagna franchista e nella Francia di Vichy. Sembravano sepolte sotto le rovine di quei regimi ma evidentemente esercitano ancora un fascino sui sostenitori del moderno sovranismo.
Non stupisce allora che il principale bersaglio polemico di Hazony sia il liberalismo, a cui dedica l’intera prima parte del libro, partendo da John Locke ma giungendo fino ai più moderni sostenitori dei principi liberali come Ludwig von Mises e Friedrich Hayek. La colpa fondamentale del liberalismo è, a suo parere, quella di fondare lo Stato sul consenso dei cittadini mentre, come abbiamo visto, i vincoli che legano coloro che fanno parte di uno Stato nazionale sono di carattere naturale come quelli che uniscono i genitori ai figli.
Hazony si diffonde a lungo e anche in maniera prolissa sulle caratteristiche e sulle virtù dello Stato nazionale ma quanto si è già sommariamente detto esprime con sufficiente chiarezza la sua concezione politica. Partendo dalla rivendicazione della sovranità nazionale in opposizione alle pretese delle organizzazioni sovranazionali, Hazony giunge a formulare una teoria dello Stato fondato essenzialmente su principi religiosi, in prima istanza di origine biblica, ma che hanno trovato applicazione anche negli Stati protestanti come l’Inghilterra e l’Olanda. Il problema è che l’orologio di Hazony sembra essersi fermato al XVII secolo.

Valentino Baldacci

(12 marzo 2020)