Vite sospese

david sorani“Alla fine del secolo è stato possibile per la prima volta capire come sarà un mondo nel quale il passato, incluso il passato nel presente, ha perso il suo ruolo, in cui le vecchie mappe e carte che hanno guidato gli esseri umani, singolarmente o collettivamente, nel loro viaggio attraverso la vita non raffigurano più il paesaggio nel quale ci muoviamo, né il mare sul quale stiamo navigando. Un mondo in cui non sappiamo dove il nostro viaggio ci condurrà e neppure dove dovrebbe condurci”. Così Eric John Hobsbawm nel capitolo introduttivo del suo celebre “Il secolo breve. 1914-1991” (“Il secolo: uno sguardo a volo d’uccello”). Eravamo nei primi anni Novanta del secolo scorso. Al tramonto delle ideologie, al collasso dell’impero sovietico e dei suoi satelliti faceva da contrappunto la crisi di identità e di valori del capitalismo occidentale e si accompagnava una tensione economica generale e un riemergere inquietante di nazionalismi e di scontri inter-etnici che avrebbe trovato un sanguinoso culmine nelle guerre della ex-Jugoslavia. Un disfacimento complessivo delle strutture che, pur tra loro contrapposte, avevano caratterizzato la cosiddetta “età dell’oro” successiva agli anni Cinquanta portava il grande storico a cogliere quell’immagine di smarrimento che emergeva alla fine del secolo XX.
Oggi, nel vortice di una pandemia che sta gettando il mondo in uno sconvolgimento con pochi precedenti, quelle parole ci paiono tragicamente adeguate. Oggi più che mai “non sappiamo dove il nostro viaggio ci condurrà e neppure dove dovrebbe condurci”. Siamo del tutto smarriti di fronte a un nemico insinuante, sfuggente che non riusciamo a sconfiggere; un avversario che attualmente si chiama Covid-19 e morte diffusa e che domani si chiamerà collasso economico e crisi sociale. Di fronte all’impervio futuro che si prospetta per i prossimi anni non si intravedono strategie da parte delle strutture del potere, né a livello nazionale né a livello sovranazionale: eccessivo è l’impegno nel tentare di tamponare l’emergenza, per poter anche pensare al dopo. Un’emergenza mondiale di cui però l’Unione Europea non pare rendersi conto, incapace persino di varare quelle misure che potrebbero dare un po’ d’ossigeno a un’economia sconvolta. In questa fase e di fronte all’iceberg imprevisto contro cui ci siamo scontrati navighiamo “alla cieca”, per citare l’omonimo saggio di Claudio Magris.
E intanto siamo piombati in una condizione esistenziale mai prima sperimentata. Le nostre vite sono come sospese, immerse in un presente drammatico e congelate in una artificiosa solitudine domestica; incagliate di fronte a un futuro indecifrabile, rispetto al quale la parola “progetto” comincia a perdere significato.
“Non sappiamo cosa plasmerà il futuro – affermava Hobsbawm in chiusura del capitolo – […] Speriamo che sia un mondo migliore, più giusto e vivibile. Il vecchio secolo non è finito bene”. Trenta anni dopo, possiamo dire che anche quello nuovo non è ben avviato.
David Sorani