L’errore da non fare

riccardo pacificiLa vigilia questo Shabbat ci fa entrare nella settimana che più che mai unisce i destini dell’Italia con quelli dello Stato d’Israele. Noi ebrei ci apprestiamo a festeggiare il 25 Aprile e dopo due giorni festeggeremo i 72 anni della fondazione dello Stato d’Israele secondo la data ebraica.
Oramai sono quasi due mesi che la pandemia globale costringe molti cittadini del mondo a rimanere rinchiusi nella case e sopratutto ad evitare assembramenti. Per la prima volta noi ebrei italiani potremo finalmente riappropriarci del 25 Aprile senza l’incubo che negli ultimi anni ha monopolizzato il dibattito su questa data, a seguito delle tentazioni revisioniste di una certa sinistra estrema in Italia che cerca di cancellare il contributo dei valorosi soldati della Brigata Ebraica quali protagonisti, insieme alle truppe alleate e ai partigiani, nella lotta per la liberazione dell’Italia dal nazifascismo. Brigata che, ironia della sorte, grazie a quell’esperienza di guerra potè sconfiggere poi 21 eserciti arabi armati fino ai denti contro pochi e valorosi soldati del neo Stato d’Israele.
Un incubo iniziato con l’introduzione nei diversi cortei della bandiera palestinese, popolo che durante il conflitto mondiale era alleato con Hitler, e proseguito con la contestazione della presenza di quelle dello Stato d’Israele che invece, già prima della sua nascita, sventolava sulla linea gotica, come testimoniato da foto d’epoca, grazie al coraggio di quei soldati che hanno combattuto contro l’invasore nazista. E poi con insulti, aggressioni verbali e fisiche nei cortei che le cronache ci hanno raccontato.
A Roma da cinque anni si festeggia separati da questi fascisti rossi e a Milano immancabili sono gli sputi che dominano al passaggio dello striscione della Brigata Ebraica, difesa ad onor del vero da tanti militanti delle organizzazioni promotrici.
Sembra tutto così strano che solo la pandemia restituirà le piazze, almeno in maniera virtuale a tutti, senza sentirci estranei ai festeggiamenti. Rileggevo sul mensile Shalom di questo mese Anna Rolli che conobbe incidentalmente Piero Terracina z.l. perché cercò di difendere un signore anziano (non sapeva affatto chi fosse) dagli insulti che stava ricevendo da questi “signori” ignari della storia, nati in generazioni successive, che lo stavano umiliando insieme a tanti altri ebrei presenti al corteo.
Per questo mi auguro che la pandemia, al di là delle boutade dell’onorevole Ignazio La Russa, possa essere una occasione da sfruttare utilizzando questa pausa per capire come restituire alla storia e alle nuove generazioni una riflessione vera di quanto sia importante il 25 Aprile del ’45 quale momento di festa collettiva e non di una parte politica, che possa restituire una volta per tutte l’unità nazionale.
Confesso di non aver mai gradito la pretesa di impedire ai diversi leader del centrodestra nel passato di farne parte. A Milano si impediva di fatto la presenza dell’allora Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi e a Roma la conquista storica di avere su quel palco ad onorare le truppe alleate e i partigiani Renata Polverini e Gianni Alemanno si concluse con ignobili lanci di ogni cosa nei loro confronti. Venne colpito anche l’attuale segretario del Pd Nicola Zingaretti, che stava giustamente al loro fianco. Perdemmo una occasione storica ed abbiamo lasciato una prateria ai nostalgici del fascismo.
Credo sia utile e un dovere, oggi più che mai e proprio per il rischio che populismi nelle mani di abili demagoghi in Europa possano trovare spazi nel post pandemia, fare una analisi sincera, veritiera e non politica di quegli anni.
Si fa un pericoloso revisionismo e un regalo alle destre se anche storici, ancor più nel campo ebraico, riescono a sostenere, come hanno fatto ieri su La Repubblica, che i soldati della Brigata Ebraica non combattevano per lo Stato d’Israele. Una tesi ghiotta per gli antisemiti mascherati da antisionisti.
La storia del rastrellamento dei carabinieri la settimana prima del 16 ottobre per non avere intralcio al crimine nazista ne è la prova. Tutti loro, alla Caserme Rosse di Bologna, si rifiutarono di aderire a Salò e di collaborare con i nazisti e preferirono i campi di concentramento e sterminio nazisti. Ma è altresì vero che vi furono semplici soldati ed ufficiali che erano convinti di servire la patria in buona fede e senza immaginare chi fosse il loro alleato in camicia bruna.
Lo scrivo da profondo antifascista nella convinzione, oggi più che mai, che Mussolini abbia avuto piena responsabilità della morte di tutti i nostri cari per mano nazista. Le Leggi razziste del 38 furono per Hitler la prova che si poteva osare contro gli ebrei al di fuori della Germania e attuare poi la soluzione finale. Erano giovani fascisti della Banda Carità quelli che catturarono mia nonna Wanda Abenaim Pacifici z.l. nel convento di clausura di Maria e Gesù a Piazza del Carmine a Firenze così come quelli della Banda Kock presero il nonno di mia moglie Ezio Spizzichino z.l. nella basilica di San Paolo. Entrambi vennero gasati al loro arrivo a Birkenau.
Ma la storia abbiamo il dovere di raccontarla tutta, compreso il nostro diritto e dovere di riprenderci la Memoria del ricordo di tutti quei soldati delle truppe alleate che vennero in Italia e in Europa e morirono per restituirci la libertà. Lo fecero con il contributo dei partigiani italiani, ma senza di loro la lotta con i nazisti sarebbe stata impari e impossibile. I tanti cimiteri sparsi in Europa sono lì a testimoniarcelo. A San Paolo, ad Anzio e Nettuno, a Piangipane, in Normandia, etc etc. Onorare come è giusto che sia i partigiani il 25 Aprile senza onorare i soldati americani, inglesi indiani etc etc, sarebbe un gravissimo errore. Per questo mi auguro cominci da questo 25 Aprile un “Progetto Memoria” di visita di quei cimiteri quali teatro del racconto dell’eroismo di questi soldati.

Riccardo Pacifici, Commendatore al Merito della Repubblica Italiana

(24 aprile 2020)