Una partigiana
Oggi voglio scrivere di Anna Maria Enriques Agnoletti (Bologna 1907 – Firenze 1944). Mi sembra importante ricordarla perché la sua biografia è esemplare di un’esperienza storica complessiva che ci deve far riflettere. Il tema è il ruolo di una minoranza, quella ebraica, nella storia degli italiani. Un gruppo vissuto paradossalmente ancora in molti ambienti come “altro”, mentre si tratta di donne, uomini e intere famiglie che nel corso di duemila anni hanno fatto la storia di questo paese in maniera indissolubilmente intrecciata con le altre varie umanità che lo hanno popolato. La vicenda di Anna Maria Enriques è in questo esemplare. Certo, gli storici hanno difficoltà a collocarla: la possiamo considerare una partigiana ebrea? No, si dirà, se ci limitiamo alla prospettiva religiosa. La Enriques aveva scelto di battezzarsi prima di essere colpita dalle leggi razziste del 1938 e la sua militanza politica fa di lei un’icona resistenziale del cattolicesimo democratico (era esponente convinta dei Cristiano Sociali, un gruppo alleato al Partito d’Azione). Ma non è limitante la prospettiva religiosa in questo caso? Io credo di sì. Con la sua biografia Anna Maria Enriques Agnoletti è al centro di una rete sociale fittissima, nella quale la distinzione religiosa trova un senso solo se rapportata da un lato alle scelte personali (era convintamente cattolica) e dall’altro alle dissennate politiche razziste del regime (essendo figlia di padre ebreo – il noto biologo Paolo Enriques – Anna Maria era considerata di “razza” ebraica a tutti gli effetti). Ma se consideriamo appunto le sue connessioni sociali e famigliari non possiamo che considerarla una partigiana ebrea e cattolica: entrambe le identità danno un senso al suo agire e alla sua socialità, e in esse si sarebbe riconosciuta. E nel medesimo tempo le avrebbe contestate poiché il suo agire politico si collocava in un’area decisamente secolarizzata. Suo fratello Enzo fu fra i leader del Partito d’Azione e dopo la guerra collaboratore di Piero Calamandrei, oltre che direttore della gloriosa rivista Il Ponte. I suoi zii Federigo Enriques e Guido Castelnuovo furono fra i maggiori matematici italiani del Novecento: tutti perseguitati dal fascismo in quanto ebrei. Anna Maria lavorò all’Archivio di Stato di Firenze fino al 5 settembre del 1938 quando a causa delle leggi antiebraiche – lei, cattolica – venne licenziata. Trovò quindi lavoro agli Archivi Vaticani dove strinse rapporti con De Gasperi e i tanti animatori delle nuove forme politiche del cattolicesimo antifascista. Ma nel 1943 tornò a Firenze a dare man forte alla resistenza accanto al fratello. Fra le sue attività, quella di protagonista della rete di assistenza e salvataggio degli ebrei in fuga. Per questo venne arrestata, catturata dalla famigerata Banda Carità e seviziata per giorni presso Villa Triste. Per questo venne fucilata, da partigiana, la mattina del 12 giugno 1944. Dal 2005 la Scuola di archivistica di Firenze si intitola alla sua memoria. Un segno di una presenza essenziale, che integra diverse identità che troppo spesso diventano limiti, che ci ostacolano nel ragionare sulla storia di questo paese.
Gadi Luzzatto Voghera, Direttore Fondazione CDEC
(24 aprile 2020)