Grazie Herzl e Ben Gurion

dario coenIl 27 gennaio – Giorno della Memoria istituito in Italia grazie ad Athos De Luca e Furio Colombo, ai quali andrà sempre il mio ringraziamento – l’ho sempre vissuto come una scadenza molto importante, ma “razionale”, poco emotiva e nel mio caso poco coinvolgente, facendomene quasi una colpa.
Ho partecipato in questi anni ad ogni tipo di celebrazione, ma la sensazione è sempre stata la stessa: una ricorrenza, ma non la mia. Giustamente, è stata istituita per rivolgersi ad un pubblico non ebraico e non è nel nostro calendario.
Durante l’ultimo Yom HaShoah, per la prima volta alle 10 di mattina ho sentito e partecipato sull’attenti al suono della sirena, trovandomi casualmente davanti all’ingresso di un centro commerciale a Tel Aviv.
Si sono fermati tutti, persone, auto, moto, autobus, persino gli operai arabi che stavano lavorando sulla strada principale, in segno di rispetto. Ma una cosa in particolare mi ha commosso enormemente. Vedere un barbone, un homeless, sempre sdraiato in dormiveglia avvolto nella sua coperta sporca sul marciapiede, alzarsi e mettersi sull’attenti per i 2 minuti del suono della sirena in ricordo dei 6 milioni di vittime che si sente da ogni parte di Israele. Finita la sirena, si è rimesso sdraiato per terra, come sempre.
Incredibile. Per la prima volta in vita mia ho capito quante cose avevo in comune con un barbone sulla strada, qui a Tel Aviv. Con quel barbone abbiamo un passato vissuto insieme e, insieme, non possiamo e non dobbiamo dimenticare. Questo è il sionismo, questo è Israele. L’unico luogo al mondo in cui ti senti unito nella storia e nel futuro con il tuo popolo, chiunque ti sia vicino. Dal barbone al milionario che dalla sua terrazza all’ultimo piano del grattacielo più costoso osservava i due minuti di raccoglimento. Ogni ebreo è responsabile dell’altro. Qui in Israele, ogni ebreo, è l’altro, un tutt’uno con chiunque ti sia difronte, nel bene e nel male. Si piange e si ride insieme. Grazie Theodor Herzl, grazie David Ben Gurion. Oggi più che mai.

Dario Coen