Vivere il proprio ebraismo
Vorrei rassicurare chi dopo aver visto il telefilm Unorthodox vuole trarre lezioni affrettate su temi delicati come l’identità e l’assimilazione. Sono donna, ebrea, copro il capo, voto di testa mia. I “poteri” a cui mi sforzo di rispondere sono: la mia coscienza, le regole etiche, sociali, religiose, che nel mio caso corrispondono a quelle della Torah. Sono regole che mi difendono proprio da quei “poteri invisibili”, come i pregiudizi e i luoghi comuni spesso mascherati da una finta laicità, frutto di ignoranza e di ideologia antireligiosa.
Sono stufa di commenti presuntuosi e giudicanti riguardo a come ebrei diversi da sé scelgano di vivere la propria dimensione ebraica di qualsiasi forma e intensità essa sia.
Certo, nei diversi mondi ebraici che costituiscono la nostra ricchezza, esistono persone – uomini e donne – che scelgono di percorrere altre strade e talvolta di mettere in discussione anche il contesto socio culturale in cui sono nati. Alcuni di loro scelgono di raccontare, con non poca sofferenza, queste esperienze, come nella miniserie Unorthodox, declinandole in forme artistiche, cinematografiche e letterarie. A volte il prezzo da pagare è alto, soprattutto con le persone più vicine con le quali si è cresciuti. Anche per questo sono storie degne del nostro rispetto. Del resto tutte le strade che tendono a una realizzazione autentica di noi stessi richiedono una buona dose di umiltà e di consapevolezza.
Delle lezioni di come si dovrebbe vivere il proprio ebraismo e del perché si scelga di coprirsi il capo facciamo volentieri a meno.
Manuela Spizzichino