Comix – “Mickey Mouse in Gurs”
Se si esamina con attenzione la produzione di fumetti legati alla Shoah, si può notare che gli autori sono tutti figli o nipoti di deportati, che cercano di raccontare gli eventi drammatici dei parenti. Si può tranquillamente parlare di seconda generazione, così oggi si identificano coloro che raccontano i ricordi e soprattutto gli stati d’animo, i sentimenti con cui sono convissuti in casa nel dopoguerra.
Per citarne una Lizzie Doron, pubblicata in Italia dalla Giuntina, è un evidente esempio di seconda generazione di “testimoni”. Si tratta dei testimoni indiretti, di coloro che raccontano l’atmosfera e l’ambiente umano in cui sono cresciuti.
In realtà già nel 1942 un deportato iniziò a raccontare la sua Shoah. Si tratta di Horst Rosenthal e del suo “Mickey Mouse in Gurs”. Gurs era un campo di concentramento francese.
Si tratta forse della prima produzione tangibile nel mondo del fumetto del racconto dei lager. Rosenthal usa una icona come Mickey Mouse per mostrare la vita nel campo francese. Contrappone questa icona, palesemente associata alla libertà, al pensiero autoritario e nazista prevalente in quegli anni. Mickey Mouse affronta la burocrazia del campo per cui tutti devono avere una etichetta (sei ebreo? Hai figli?). In realtà il personaggio disneyano è una specie di ospite, un essere non internato che alla fine potrà volare via verso la terra della libertà, cioè gli USA.
Bisogna anche ricordare che la scelta di un personaggio come Mickey Mouse si contrappone anche al paragone che fece adolf hitler degli ebrei visti come orda di ratti che porta malattie in giro per l’Europa. Rosenthal gioca con il personaggio rappresentante quella american way che non era troppo gradita ai regimi fascisti dell’epoca.
Per le storture della storia mentre Stan Lee, Jack Kirby, Will Eisner o Joe Kubert disegnavano o inventano supereroi e fantasticavano su mondi fantastici ed eroi bizzarri, Horst Rosenthal prima di essere ucciso, uso uno di quei bizzarri personaggi per testimoniare direttamente cosa stava vivendo.
Andrea Grilli