Gli amici, nemici di Israele
Fa sempre impressione osservare come sia facile, quando si discute di vicende mediorientali, approdare a posizioni di pensiero radicali e, di conseguenza, manichee.
Settimane fa alcuni intellettuali ebrei europei, noti sostenitori delle “ragioni” di Israele, hanno scritto un appello, denominato “Appello alla Ragione”, che aveva il duplice obiettivo di sostenere Israele e di incoraggiare la ricerca di un compromesso con i palestinesi.
L’appello proposto dal nascente gruppo ebraico-europeo JCall, sostenuto da autorevoli studiosi israeliani (Zeev Sternhell, Elie Barnavi, Avi Primor…) ha raccolto migliaia di firme fra i quali mi limito a citare Alain Finkelkraut e Bernard-Henri Levy.
L’incipit era molto chiaro: “Ancora una volta l’esistenza di Israele è in pericolo. Il pericolo non proviene soltanto dalla minaccia di nemici esterni, ma dall’occupazione e dalla continua espansione delle colonie” … e poi ancora si affermava che questa espansione sarebbe “un errore morale e politico che alimenta, inoltre, un processo di crescente, intollerabile delegittimazione di Israele in quanto stato”.
Tesi questa già sostenuta da diversi governi, come quello statunitense o quello italiano.
Per nostra fortuna siamo in democrazia e così alcuni politici ed intellettuali, ebrei e non, hanno pensato di scrivere un contrappello (ma solo contro JCall), denominato “Con Israele, con la Ragione ”, appello che mi ha totalmente sconcertato.
L’incipit di questo secondo appello è infatti assai eloquente: “L’aggressione a Israele dei firmatari del documento Jcall” … un’affermazione questa, oltre che incredibile e piuttosto aggressiva, votata immediatamente alla “delegittimazione dell ‘ altro”. Infatti prosegue la frase “E’ addirittura incredibile che personaggi intelligenti e colti come Alain Finkelkraut e Bernard-Henri Levy, invece di occuparsi dell’Iran … bamboleggino con l’idea che Benjamin Netanyahu sia il vero ostacolo…” .
Ovviamente si può non condividere l’appello di JCall, ma trovo incredibile, offensivo e pericoloso, che il contrappello invece di essere sul merito delle vicende mediorientali sia un insulto ed una messa all’indice di persone ed anche (siamo sinceri) una distorsione delle tesi altrui.
Cosa dicono gli “intelligenti e colti” Alain Finkelkraut e Bernard-Henri Levy ? Semplicemente che l’espansione delle colonie è un errore morale e politico che, peraltro, alimenta la delegittimazione di Israele come stato.
Spieghino i sostenitori del secondo appello “Con Israele, con la Ragione “ perché l’espansione delle colonie non sarebbe un problema.
Spieghino soprattutto perché si può bollare come una “aggressione a Israele” sostenere che l’espansione delle colonie sia una problema per la sicurezza di Israele.
Per decenni emotività e semplificazioni hanno generato, sia in campo ebraico che in quello arabo, una reale impossibilità a ragionare, cioè a trovare delle posizioni politiche che portino ad un compromesso, appunto, ragionevole.
Questo trionfo dell’emotività e della semplificazione ha generato in primo luogo uno spirito fazioso che, storicamente, ha sempre colpito i “ragionevoli” di casa propria, accusati di tradire o svendere il proprio popolo: questo il fenomeno carsico che ha portato all’assassinio di Sadat e di Rabin.
Tutti sappiamo che portare la pace in Medio Oriente è opera assai difficile, e certo non esistono scorciatoie o formule magiche ne tantomeno ci riusciranno appelli e contrappelli. L’unica salvezza per Israele è la pace: la pace è un compromesso, necessariamente ragionevole.
La situazione di guerra prolungata è una minaccia reale per l’esistenza del piccolissimo Israele circondato da nemici totali e totalitari (da Hamas all’Iran di Ahmadinejad) e i nemici esterni quindi non mancano.
Ma il pericolo non è solo la forza distruttiva del nemico esterno ma anche la propria debolezza: la minaccia può essere quindi interna e la mancanza del rispetto delle idee altrui e delle persone è una grande debolezza, una grande minaccia.
Allora hanno ragione Finkelkraut e Levy: ancora una volta l’esistenza di Israele è in pericolo, e il pericolo non è solo esterno.
Victor Magiar, Europa, 7 maggio 2010