Il glorioso Tempio di Livorno riprende vita e colore grazie al progetto della famiglia Della Torre

Era considerato il Tempio più bello d’Europa, era il 1789 (il 5550 anno ebraico), e la Sinagoga di Livorno, costruita intorno alla metà del Seicento, dopo numerosi ampliamenti e ristrutturazioni, aveva raggiunto l’apice del suo splendore. E’ stata un’altra vittima dalla furia devastatrice dell’ultimo conflitto mondiale. Pochi mesi fa, anche se solo virtualmente, questo Tempio ha ripreso vita. C’erano ancora delle sbiadite foto in bianco e nero di quell’edificio, che era considerato l’orgoglio non solo della Comunità ebraica ma dell’intera città ed era noto in tutto il mondo. La storia racconta come i principi di Toscana e i Sovrani stranieri che venivano a Livorno, attratti da quel luogo sacro e imponente, non mancavano di visitare la Sinagoga e in ricordo del loro passaggio si muravano artistiche lapidi sopra i ricchi portali all’interno del Tempio.

Grazie all’ausilio di testimonianze, ricordi, e riscontri ancora possibili, quelle storiche immagini, dei tempi più recenti, sono diventate a colori. La mente e l’ispiratore di questo progetto è stato Mario Della Torre, nato a Livorno nel 1917, che dopo la Liberazione si è trasferito in Israele. Fra i ricordi più cari dell’Italia Mario “non ha mai dimenticato il Tempio di Livorno” – scrive parlando di lui, in una mail, il figlio Gamliel, che collabora con il padre, e con grande passione da inizio a quel progetto che coinvolge, fra gli altri, l’architetto Yaacov Frid (genero di Gamliel).
Quel luogo di culto era stato costruito quando Livorno era un centro ebraico fiorente, era la metà del Seicento, e la Comunità contava circa 5 mila persone. Le leggi Granducali concedevano molto agli ebrei dell’epoca. Con la legge “Livornina”, finalizzata a favorire lo stabilirsi di mercanti di ogni nazione e religione nella nuova città, il Granduca Ferdinando I concesse particolari privilegi agli ebrei dando loro la
possibilità di abitare nelle città di Pisa e Livorno e la possibilità di comprare beni stabili che li portarono a radicarsi nel tessuto urbano.
La vecchia Sinagoga subì nel corso degli anni numerose modifiche.
Da una struttura inizialmente piuttosto modesta e sobria, nel corso del XVII secolo, anche in virtù dell’accresciuta presenza ebraica nella città, si resero indispensabili dell’opere di ampliamento della struttura.
Nel 1641, su progetto dell’architetto granducale Francesco Cantagallina avvenne un primo ampliamento. Con la consulenza dell’architetto Giovanni Del Fantasia, provveditore della Fabbrica del Granduca, e a spese di alcuni benefattori della città, a cavallo fra Seicento e Settecento, l’edificio fu allargato ulteriormente e vennero costruite nuove arcate. Successivamente nel 1742 su progetto dello scultore Isidoro Baratta di Carrara venne costruito l’ Hekhal con marmi colorati e intarziati e una preziosa porta in legno sulle cui ante spiccavano le Tavole della Legge in madreperla. Questo magnifico Hekhal era sovrastato da una corona d’argento nella quale era incastonato un grosso topazio. Con gli stessi marmi preziosi venne costruita la Tevà, mentre il soffitto era arricchito di stucchi, decorazioni e dorature dal quale pendevano lampadari d’argento.
Ma il terremoto del 1742 incise sulla stabilità del Tempio e ciò rese d’obbligo effettuare opere di rafforzamento dell’edificio. Allo stesso tempo fu dato il via alla costruzione di altre arcate unite alla realizzazione del secondo ordine di balconate per le donne, su progetto dell’architetto Ignazio Fazzi. Così dopo i nuovi ampliamenti, il 20 Settembre 1789, prima sera di Rosh haShanà 5550 ebbe luogo, con grande solennità, l’inaugurazione.
Il maestoso Tempio è andato in parte distrutto nella Seconda Guerra Mondiale. Ad oggi alcuni egli arredi originali, scampati ai bombardamenti, sono depositati presso il Museo ebraico di via Micali. Al suo posto nell’ampia piazza Benamozegh, dove sorgeva la vecchia Sinagoga, nel 1962 è nato un nuovo Tempio su progetto dell’architetto Angelo Di Castro. La nuova costruzione rappresenta, con Trieste e Genova, una delle sole tre grandi sinagoghe edificate nel dopo guerra.

Valerio Mieli